Stati generali della natalità: Rosina (Università Cattolica), “manca una chiara strategia su come invertire attuale tendenza demografica”

“La persistente denatalità, da oltre 35 anni; il tasso di fecondità in Italia pari a <1,25 – quando il tasso di fecondità scende sotto 1,5 figli per donna (in Italia) si dimezza quasi la popolazione -; i forti squilibri, conseguenti al calo demografico”. Ha puntato subito sugli aspetti più problematici della situazione italiana il demografo Alessandro Rosina, docente all’Università cattolica, intervenuto oggi pomeriggio alla prima giornata della seconda edizione degli Stati generali della natalità, in corso a Roma.
“Occorre intervenire adesso per invertire la rotta, altrimenti sarà troppo tardi e finiremo nella trappola democratica. Infatti, ora si stanno riducendo anche le potenziali madri, cioè sono in riduzione anche le donne e questo porta ulteriore denatalità in futuro, è un avvitamento continuo verso il basso, che va spezzato perché stiamo erodendo la vitalità del Paese. In questa ‘trappola demografica’ siamo entrati più che in altri Paesi”, ha avvertito Rosina. Anche “la pandemia ha fortemente impattato sui progetti dei giovani”, ma mai come ora si può dare una svolta, proprio “grazie al post pandemia”, con i fondi che ci sono, andando a superare alcuni scogli che incidono sulla scelta di avere figli come la mancanza di adeguati strumenti di conciliazione tra lavoro e famiglia e la questione della casa.
Rosina ha anche messo in guardia sul fatto che attualmente “manchi una strategia chiara su come invertire l’attuale tendenza demografica”. “La presa d’atto che non ci sarà una inversione di tendenza è implicitamente presente nelle valutazioni del governo sull’evoluzione della popolazione scolastica rese note in questi giorni, assieme alle conseguenze tratte sul ridimensionamento dell’organico necessario di docenti – ha denunciato il demografo -. Il legame stabilito tra andamento delle nascite e riduzione degli insegnanti dipende da come si valuta il fabbisogno dei prossimi anni. Il dato di base è il numero di bambini e ragazzi che ci saranno in Italia nell’orizzonte dei prossimi 10, 15, 20 anni. Tale dato viene usualmente tratto dallo scenario mediano delle proiezioni Istat”. Quello più recente è fornito dalle previsioni con base 2020 pubblicate alla fine dello scorso anno. “Tale scenario non contempla una ripresa delle nascite – ha chiarito Rosina -. Si basa su ipotesi di un aumento modesto del numero medio di figli per donna non in grado di controbilanciare la riduzione delle donne in età riproduttiva. Assumere questo scenario come riferimento per le scelte che il governo deve prendere significa dare per scontata la gestione di squilibri demografici crescenti e non favorirne invece anche il contenimento. Ma la demografia non ci condanna a un destino ineluttabile, le previsioni servono ad anticipare le conseguenze delle trasformazioni in corso e a capire quali scelte fare oggi per orientare il percorso più favorevole e collettivamente auspicato. Più che ad allinearsi allo scenario mediano il governo dovrebbe indirizzare le sue misure a favore della realizzazione dello scenario alto. Altrimenti continueremo a rendere la denatalità una profezia che si realizza”.

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