Terra Santa: Pizzaballa (patriarca) consacra mons. Nahra. “Il vescovo impari ad essere padre”

“Il vescovo deve certamente essere un bravo amministratore, deve essere certamente presente nella vita pastorale, sociale e politica del popolo che gli è affidato, deve sapere orientare il gregge nella vita della Chiesa, deve insegnare, custodire intatta la fede, deve sapere confrontarsi, insomma, con le diverse istanze della vita ecclesiale e della società nella quale la Chiesa è inserita, difendendo i diritti di Dio e dell’uomo. Questo è chiaro. Ma prima di tutto bisogna che impari ad essere padre”. Lo ha detto oggi a Nazareth il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, presiedendo l’ordinazione episcopale del vescovo eletto Rafic Nahra, concelebranti il vescovo William Shomali, vicario patriarcale per Gerusalemme, e mons. Thibault Verny, vescovo ausiliare di Parigi. “Padre innanzitutto per i sacerdoti. L’identità del sacerdote è costitutivamente legata a quella del vescovo. Un prete non può sussistere da solo. Il suo ministero discende ed è legato a quello del vescovo”. “Sii padre per tutti i fedeli. Non creare troppe barriere tra te e la gente. Una certa distanza a volte è necessaria, per preservare una propria libertà interiore e non lasciarti travolgere dalle situazioni. Sarà importante, tuttavia, trovare un giusto equilibrio, che ti lasci esposto quanto basta ai tanti bisogni dei fedeli, alle loro richieste a volte inopportune, esagerate, difficili, senza fare distinzioni o preferenze”. Poi un invito: “Non confondere la paternità con la semplice amicizia”. “Il tuo ministero episcopale – ha aggiunto Pizzaballa – si esprimerà in un contesto specifico: la società israeliana. È un mondo complesso e, come tutte le nostre diverse realtà pastorali, in profondo cambiamento e con tante fatiche e tensioni”. Da qui alcune indicazioni: sulla “formazione cristiana” e sui giovani: “Sarà tuo compito aiutare questa nostra Chiesa ad individuare, in questa nostra particolare regione pastorale, forme e percorsi di formazioni adatti ai nostri tempi e ai nostri giovani, per renderli capaci di confrontarsi da cristiani adulti con la società multireligiosa e multiculturale israeliana. Allo stesso tempo devo anche aggiungere che sono convinto che le strategie pastorali resteranno lettera morta, se non saranno accompagnate da una sincera e vera testimonianza di fede, che deve essere innanzitutto tua e dei sacerdoti”. Circa i giovani, Pizzaballa ha ricordato che a loro “forse, non interessano i discorsi su Gesù, le teorie religiose, o discorsi astratti. Attendono una testimonianza credibile. Oggi il Risorto si incontra innanzitutto attraverso testimoni”. Non è mancato un riferimento al cammino sinodale e alla partecipazione. “Sinodalità, partecipazione, sono il modo di essere della Chiesa. È certamente molto più semplice ed efficiente decidere da soli, dirigere e comandare. Ma alla fine è anche un modo sterile, che non genera alla vita nella Chiesa, perché non ci fa incontrare Cristo. Aiuta, dunque, – è stata l’esortazione finale – questa parte della nostra Chiesa di Gerusalemme, sulla quale contiamo molto, a diventare davvero una grande e bella comunità, partecipata, dove la comunione e la condivisione diventino poco alla volta realtà visibile”.

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