Processo in Vaticano: mons. Carlino, “non ho mosso un dito senza avere l’autorizzazione di un superiore”

E’ durata circa 4 ore e mezza l’undicesima udienza del processo in Vaticano sugli investimenti finanziari della segreteria di Stato a Londra. L’udienza – ha riferito il “pool” di giornalisti ammessi nell’Aula polifunzionale dei Musei vaticani – è stata interamente dedicata all’interrogatorio di mons. Mauro Carlino, che proseguirà nella prossima udienza, in programma il 5 aprile, in cui verranno ascoltati anche Tommaso Di Ruzza e René Bruhlart. “Non ho mosso un dito senza avere l’autorizzazione di un superiore”, ha dichiarato mons. Carlino, riferendosi in particolare al periodo in cui era segretario di Stato mons. Edgar Peña Parra. “Di tutto ciò che stava avvenendo ho informato costantemente sia il segretario di Stato che il Santo Padre”, ha assicurato mons. Carlino, che è stato segretario sia del card. Becciu che di mons. Peña Parra. “Mi ha meravigliato essere stato rinviato a giudizio”, ha aggiunto: “nell’obbedienza ho fatto la volontà del Santo Padre”. “Fedeltà, obbedienza e riservatezza”: queste le richieste di mons. Peña Parra a mons. Carlino: “Io altro non potevo compiere”. “Dopo pochi mesi trovai questo pasticcio”, ha raccontato mons. Carlino: “non sapevo del palazzo di Londra fino al gennaio 2019, quando mons. Peña Parra mi ha detto che c’era un problema, per un grande errore dell’Ufficio amministrativo, di cui io non facevo parte”. L’errore, ha spiegato mons. Carlino, “riguardava le mille azioni con diritto di voto lasciate a Gianluigi Torzi, con cui lui poteva continuare a gestire il palazzo anche dopo l’acquisto da parte della Segreteria di Stato”. “La volontà del Papa – ha riferito ancora mons. Carlino – era di spendere il meno possibile per tornare in possesso del palazzo”. Carlino ha spiegato inoltre che il suo ruolo era quello di fare da mediatore tra Torzi e i tre esperti: Dal Fabbro, l’architetto-ingegnere Capaldo  e Fabrizio Tirabassi. Alla domanda del presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, sul motivo per cui non ci fosse tra questi mons. Alberto Perlasca, Carlino ha risposto: “Perlasca si era manifestato infedele e disobbediente”. Chi firmava i contratti, l’altra domanda di Pignatone?  “Le decisioni non sono mai prese dai dipendenti, solo dai superiori”, la risposta: “Il Segretario e il Sostituto hanno la firma disgiunta, gli altri la firma congiunta. I contratti sono stati firmati da mons. Perlasca, senza l’ok del superiore: qui è stata la grande infedeltà”. Riguardo all’esito della trattativa con Torzi, mons. Carlino ha reso noto che fu deciso dal Sostituto, mons. Peña Parra, d’accordo con Capaldo, di sborsare 15 milioni di euro per chiudere il rapporto con Torzi.  Incalzato dall0avvocato di parte civile Lipari, per lo Ior, Carlino ha precisato che non era di sua competenza rivalutare le fatture e ha riferito che, delle due fatture rilasciate a Torzi, una di 10 milioni di euro era per l’intermediazione, l’altra di 5 milioni di euro per “attività di analitica consulenza su investimenti immobiliari”.

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