Papa Francesco: alla Curia, “non cadere nella tentazione di pensare di essere al sicuro”, “noi siamo più in pericolo di tutti gli altri”

(Foto Vatican Media/SIR)

Non “cadere nella tentazione di pensare di essere al sicuro, di essere migliori, di non doverci più convertire”. È il monito del Papa ai membri della Curia Romana, nel tradizionale discorso di fine anno per gli auguri natalizi. “Il primo modo di peccare è andarsene, perdersi, fare cose evidentemente sbagliate”, ha osservato il Papa, ma “ci si può perdere anche in casa, e si può vivere infelici pur rimanendo formalmente nel recinto del proprio dovere, come accade al figlio maggiore del padre misericordioso. Se, per chi va via, è facile accorgersi della distanza, per chi rimane in casa è difficile rendersi conto di quanto si viva all’inferno, per la convinzione di essere solo vittime, trattati ingiustamente dall’autorità costituita e, in ultima analisi, da Dio stesso”. “E quante volte ci succede questo, qui a casa”, ha aggiunto a braccio. “A tutti noi sarà successo di perderci come quella pecorella o di allontanarci da Dio come il figlio minore”, ha argomentato Francesco: “Sono peccati che ci hanno umiliato, e proprio per questo, per grazia di Dio, siamo riusciti ad affrontarli a viso scoperto. Ma la grande attenzione che dobbiamo prestare in questo momento della nostra esistenza è dovuta al fatto che formalmente la nostra vita attuale è in casa, tra le mura dell’istituzione, a servizio della Santa Sede, nel cuore stesso del corpo ecclesiale; e proprio per questo potremmo cadere nella tentazione di pensare di essere al sicuro, di essere migliori, di non doverci più convertire”. “Noi siamo più in pericolo di tutti gli altri, perché siamo insidiati dal ‘demonio educato’, che non viene facendo rumore ma portando fiori”, ha spiegato il Papa: “Se a volte dico cose che possono suonare dure e forti, non è perché non creda nel valore della dolcezza e della tenerezza, ma perché è bene riservare le carezze agli affaticati e agli oppressi, e trovare il coraggio di ‘affliggere i consolati’, come amava dire il servo di Dio don Tonino Bello, perché a volte la loro consolazione è solo l’inganno del demonio e non un dono dello Spirito”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa