Funerali giovani morti in incidente nel piacentino: mons. Cevolotto (vescovo), “non ci rassegniamo che il dolore non sia alleviato e consolato”

“È drammaticamente reale: la morte arriva. Anche se non ci pensiamo, anche se allontaniamo ogni segno che la richiami”. “C’è solo un amore che è più forte di ogni avversità e addirittura della morte. È l’amore di Cristo. Questo Amore tiene uniti noi a Lui e, in Lui, ci tiene uniti, tra di noi”. Sono alcune delle parole pronunciate nell’omelia dal vescovo di Piacenza-Bobbio, mons. Adriano Cevolotto, nella cattedrale di Piacenza, ieri, venerdì 21 gennaio, ai funerali dei quattro giovani morti nell’incidente avvenuto nella notte tra il 10 e l’11 gennaio in località Malpaga nel piacentino. La loro auto, a causa della scarsa visibilità dovuta alla nebbia, si è ribaltata nel fiume Trebbia. Le vittime sono il lodigiano di Guardamiglio Costantino Merli (22 anni) e tre piacentini: Elisa Bricchi (20) di Calendasco, Domenico Di Canio (22) di Borgonovo e William Pagani (23) di Castel San Giovanni.
Ai funerali hanno concelebrato, insieme a numerosi sacerdoti, mons. Gianni Ambrosio, amministratore apostolico di Massa Carrara-Pontremoli e vescovo emerito di Piacenza-Bobbio, il vicario generale, mons. Luigi Chiesa, e i parroci dei quattro giovani: mons. Giuseppe Busani, don Gianni Bergomi, don Fabio Battiato e don Pierluigi Bolzoni.
All’inizio della celebrazione è stato letto un messaggio del vescovo di Lodi, mons. Maurizio Malvestiti. “Ho abbracciato – scrive il presule – i genitori di Costantino nella loro casa, privata del sorriso del figlio, e stretto a loro ho pregato, nella certezza che questi nostri amici non sono perduti. Possiamo applicare a loro le parole del Papa ai giovani: ‘Quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci’”.
“Quanto è difficile scrollarci di dosso la nebbia, il buio e il freddo di quella notte. In questi lunghi 11 giorni sulle parole è prevalso il silenzio. È il silenzio che avvolge questa nostra assemblea. Le domande e i perché ci sono tornati senza risposta. Perché la morte, tanto più quando giunge a vent’anni, è assurda. È ingiusta”, ha osservato mons. Cevolotto, che ha aggiunto: “Constatiamo che le nostre parole, come la nostra vicinanza per quanto cercata e apprezzata, sono incapaci di scaldare il cuore, di aiutarci ad alzare lo sguardo per non essere risucchiati nel vortice di dolore per coloro che all’improvviso non ci sono più al nostro fianco. Le domande fatte rimbalzare in questi giorni dichiarano che siamo alla ricerca di una Parola che rompa il silenzio, invocano che il buio e il freddo siano illuminati e riscaldati. Non ci rassegniamo che il dolore non sia alleviato e consolato. Perché rimanere imprigionati in quella nebbia è morire. A nostra volta. Ma vivere lo dobbiamo anche a loro. Siamo qui con una sola invocazione: ‘Parla Signore, vieni! Non possiamo rimanere a lungo così’. E Lui ci sta rispondendo facendo risuonare la sua Parola”.

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