Diocesi: mons. Brambilla (Novara), “ragazzi smarriti e soli, mettiamoci in loro ascolto”

“I ragazzi, adolescenti e giovani dell’inizio di questo terzo decennio del secolo ci chiedono una cosa sola”: “Stateci vicini! Essi gridano, talvolta con linguaggi provocatori, perché noi possiamo essere per loro ‘testimoni della vita buona’. Essi ci dicono: non lasciateci soli, non abbandonateci alla deriva, dateci meno cose e più tempo, ascoltateci! Perché solo così anche noi potremo diventare adulti, perché anche noi dobbiamo dire di sì al mistero della vita, possiamo sognare con coraggio la nostra vocazione, perché anche noi dobbiamo rispondere a una Chiamata”. Un messaggio forte, dedicato ai giovani, quello che mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, ha rivolto oggi nel suo discorso alla città e alla diocesi, in occasione della messa per la festa del patrono della città e della diocesi, San Gaudenzio. Filo conduttore l’episodio evangelico del ritrovamento di Gesù al tempio, attraverso la lettura del quale il vescovo mette al centro dell’omelia il tema dell’ascolto e della vicinanza alle nuove generazioni e quello delle fatiche che i giovani stanno vivendo in questo tempo di pandemia. “Molti – ha detto mons. Brambilla – sembrano smarriti, altri portano dentro di sé tanta paura e taluni persino l’angoscia per la malattia, la morte dei loro cari, amici, genitori, nonni. Altri ancora sembrano dispersi, quasi intimoriti ad affrontare un tempo che chiede ancora resilienza. Soprattutto coloro che in questi due anni hanno vissuto le età di passaggio (quinta elementare e prima media, terza media e prima superiore, quinta superiore e inizio università) si sentono come defraudati di un tempo che doveva essere per loro propizio: per essi è stata un’età negata, un tempo perduto”. Il vescovo si rivolge quindi agli adulti. “Ognuno di noi vada alla ricerca del loro smarrimento, dedichi risorse ed energie a rintracciarli, non li lasci nascondere nelle pieghe del paese o della città. Mettiamoci insieme per dedicare tempo e risorse per ritornare a Gerusalemme e ritrovarli là nel tempio, dove non ce li aspetteremmo a fare domande e a cercare risposte. Dobbiamo ascoltare la loro domanda più dolorosa: se sto perdendo il tempo più prezioso della mia vita, che senso e valore essa ha?”. Nel suo discorso alla città, il vescovo ha quindi proposto “un’alleanza tra tutte le forze sociali e le componenti educative della società: la famiglia che educa, la scuola che forma, l’oratorio spazio di vita, lo sport sano”. In basilica è presente anche una delegazione di ragazzi proveniente da tutti gli oratori della diocesi, cui viene fatto dono di alcuni semi di rosa, fiore che richiama il miracolo più famoso di Gaudenzio nella tradizione popolare e simbolo di un futuro da coltivare, nel segno dell’ultima lettera pastorale di mons. Brambilla, “I semi del tempo”. Al termine della celebrazione è stata anche ricordata una ricorrenza che coincide con la festa patronale di quest’anno: il decimo anniversario dalla “presa di possesso” della diocesi da parte del vescovo (era il 23 gennaio 2012) e l’inizio del suo episcopato novarese.

 

 

 

 

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