Anziani: p. Arice (Cottolengo), nelle Rsa serve “un’attenzione socio-sanitaria e assistenziale adeguata, anche da un punto di vista caritativo”

“Nelle Case del Cottolengo, che in Italia accolgono oltre 1.500 tra anziani con patologie neurodegenerative o persone disabili con disturbo del neurosviluppo, abbiamo riaperto la visita ai parenti ed anche ai volontari. Gli ospiti, che sono in grado, possono anche uscire dalle strutture insieme ai propri cari”. Così don Carmine Arice, padre generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza, racconta in un’intervista al settimanale diocesano “La Voce e il Tempo” di Torino il ritorno ad una certa normalità nelle Rsa dopo il periodo di isolamento per la pandemia.
Finite nell’occhio del ciclone per l’alto tasso di mortalità registrato soprattutto nella prima ondata, p. Arice sottolinea che “le Rsa, come le Rsd, le Ra e i social housing, sono nate concettualmente per favorire la fraternità e la vicinanza degli ospiti accolti”. “Questo impianto originale – spiega – ha facilitato il diffondersi del contagio. L’esperienza ci ha dimostrato che con i dispositivi di protezione individuale, che all’inizio della prima ondata non erano disponibili, e le vaccinazioni i contagi, e dunque i ricoveri e i decessi, sono calati di oltre il 90%”. E, aggiunge, che “ci sono situazioni in cui la soluzione più adeguata e possibile non può che essere la residenza assistenziale, rispetto all’assistenza domiciliare”. Serve quindi “la massima attenzione al progetto di vita delle persone che si accolgono nelle strutture, che non devono essere soffocate da corrette procedure, spesso l’unica attenzione di coloro che vigilano sull’operato dei gestori, ma da adeguate proposte di vita che rispondano agli effettivi bisogni degli ospiti”. É necessaria, quindi “un’attenzione socio-sanitaria e assistenziale che risponda in modo adeguato alla domanda, anche da un punto di vista caritativo”. Inoltre, “dobbiamo mettere sempre di più al centro la qualità di vita dell’ospite” al fine di “favorire al massimo il benessere della persona, che indubbiamente è dato dalle relazioni”. In sostanza, “dobbiamo adoperarci tanto perché non ci sia solo attenzione alla dimensione alberghiera, ma ci sia altrettanta cura della dimensione sociale e spirituale. Tutte queste dimensioni devono essere armonizzate”.
Un ultimo passaggio è dedicato dell’intervista è dedicato ai contributi pubblici: “A fronte di un servizio che cerca di dare il massimo per il benessere dei nostri ospiti non sono arrivati adeguati sostegni pubblici. Dalla Regione Piemonte, per esempio, al momento non è arrivato nulla. In Toscana, dove abbiamo altre Rsa, la Regione ha stanziato ed erogato un ristoro giornaliero per ciascun ospite affetto dal Covid”. Nell’augurarsi che “questo possa succedere anche in Piemonte”, p. Arice conclude indicando la necessità di “una cabina di regia che tenga conto delle risorse necessarie per garantire assistenza ed un progetto di vita adeguato in particolare nelle situazioni di maggiore fragilità”.

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