Papa Francesco: “quando preghiamo zoppichiamo”. “Per rendere pure le mani non bisogna lavarle, ma astenersi da azioni malvage”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Dialogare con Dio è una grazia: noi non ne siamo degni, non abbiamo alcun diritto da accampare, noi zoppichiamo con ogni parola e ogni pensiero… Però Gesù è una porta che ci apre a questo dialogo con Dio”. A spiegarlo è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla Biblioteca privata del Palazzo apostolico e dedicata alla preghiera trinitaria. “Non tutte le preghiere sono uguali, e non tutte sono convenienti”, ha ricordato Francesco: “la Bibbia stessa ci attesta il cattivo esito di tante preghiere, che vengono respinte. Forse Dio a volte non è contento delle nostre orazioni e noi nemmeno ce ne accorgiamo”. “Dio guarda le mani di chi prega”, il monito del Papa: “per renderle pure non bisogna lavarle, semmai bisogna astenersi da azioni malvage”. L’esempio è quello di San Francesco, che nel Cantico di Frate Sole pregava: “nessun uomo è degno di nominarti”. ”Ma forse il riconoscimento più commovente della povertà della nostra preghiera – ha osservato Francesco – è fiorito sulle labbra di quel centurione romano che un giorno supplicò Gesù di guarire il suo servo malato. Egli si sentiva del tutto inadeguato: non era ebreo, era ufficiale dell’odiato esercito di occupazione. Ma la preoccupazione per il servo lo fa osare, e dice: ‘Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito’. È la frase che anche noi ripetiamo in ogni liturgia eucaristica”.

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