Papa Francesco: ai ragazzi del “Cec” di Vasto, “abbiate fiducia. L’importante nella vita è camminare, essere in strada”

“Avere fiducia. L’importante nella vita è camminare, essere in strada”, non avere “il cuore parcheggiato” e se si sbaglia e si cade, “quello che importa, non è non cadere ma non rimanere caduti”. Sono le parole di consolazione e incoraggiamento che ieri Papa Francesco ha rivolto ad un gruppo di ragazzi e ragazze, ex detenuti, della casa famiglia “Cec-Iktus Lucia e Bernardo Bertolino” di Vasto e della comunità Figlia di Sion di Castel di Sangro. Accompagnati da don Benito Giorgetta, sacerdote della diocesi di Termoli-Larino che ha inviato al Sir il video, i ragazzi sono rimasti in udienza privata con il Papa per oltre un’ora e mezza. Francesco ha ascoltato le storie di ciascuno con attenzione e commozione. Poi ha preso la parola e ha detto: “Nella vita si deve fare un primo passa sempre. Anzi, che ogni passo sia come il primo, perché così tu ti rinnovi e vai avanti sempre. Sentire il bisogno di fare un passo, vuol dire che sento ancora la necessità di migliorare la mia vita”. “I piccoli passi e i grandi passi sono importanti nella vita e dobbiamo avere il coraggio di farli, o almeno chiedere a qualcuno che ci accompagni nel farli o che ci insegni a farli. Perché alle volte non si sa cosa fare, a quale porta bussare”. Il Papa ha quindi esortato i ragazzi ad “avere fiducia”. “L’importante nella vita è camminare, essere in strada”, ha detto. “C’è gente che purtroppo non trova la strada, è sempre in parcheggio. Gente parcheggiata… anche noi qualche volta abbiamo il cuore parcheggiato. Cuore che non lascia entrare l’inquietudine di andare avanti. E altri, o anche noi, ci muoviamo come in un labirinto, non troviamo la porta di uscita… e andiamo vagando e vagando dentro le cose senza uscirne”. Francesco ha quindi ripetuto: “L’importante è la strada, fare strada ogni giorno, camminare. Ma, padre – qualcuno può dirmi – nella strada si può sbagliare? Eh, sì. Tutti sbagliamo nella vita. Tutti. Ma l’importante è non rimanere sbagliato. Gli alpini, al nord, hanno un canto molto bello. Dicono così: nell’arte di ascendere, di salire, quello che importa, non è non cadere ma non rimanere caduti”. Ed ha aggiunto: “È indegno quando una persona guarda ad un’altra dall’alto in basso. È indegno. Nessuna persona ha il diritto di guardare un’altra dall’alto in basso. Tranne, quando deve chinarsi per aiutarlo a sollevarsi. L’unica volta che è lecito guardare dall’alto in basso è per aiutare a sollevarsi. Tante volte, noi nella vita guardiamo così e troviamo una mano che ci aiuta a sollevarci. Anche noi dobbiamo farlo con gli altri. Mi auguro che la vostra esperienza sia feconda, che sia come un seme che si semina e che poi cresce, che sia come una malattia buona, che si contagia. Una esperienza contagiosa e liberatrice, che apra porte a tanta gente che ha bisogno di vivere l’esperienza che avete vissuto”.

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