Conferenza sul futuro dell’Europa: tra entusiasmo e delusione, lo stato d’animo dei partecipanti alla plenaria

(Strasburgo) “Sta andando bene, con entusiasmo dei partecipanti, anche se siamo un po’ timorosi sugli esiti finali. Perché pensiamo che sarà molto difficile riuscire a mettere in atto anche solo qualcuna delle nostre idee, perché la discussione politica sarà impegnativa, ma speriamo che ci ascoltino veramente”. Valentina Balzani, al termine della mattinata di interventi in plenaria, racconta al Sir qualche impressione. La delegazione italiana è composta da quasi 90 cittadini, di cui una trentina di giovani, sparsi nei quattro panel: il collegamento tra di loro si sta costruendo dal basso: “Forse avremo un gruppo Whatsapp per lavorare meglio insieme”. È però una compagine che ha molte “posizioni comuni, soprattutto per quello che riguarda i diritti e le proposte di modifica sui processi decisionali dell’Ue”. Il dialogo è ancora da costruire con la delegazione politica dell’Italia che partecipa alla Conferenza. Un primo passo forse sarà l’invito che Balzani ha ricevuto per partecipare ad un’audizione alla Camera sulla Conferenza. Di idee, auspici, raccomandazioni, proposte oggi ne sono state condivise tante nell’emiciclo del Parlamento europeo, nel rigoroso alternarsi di voci diverse, in un tempo di parola di un minuto o due al massimo, rigidamente suddiviso tra cittadini, parlamentari europei, membri dei parlamenti nazionali, società civile, organismi europei. Per alcuni la costruzione del consenso è un esercizio difficile; insopportabile è la brevità del tempo a disposizione, per quelli che qualcuno ha definito “interventi pro-forma” che non permettono di entrare in un vero e proprio confronto. Nei corridoi si incontrano capannelli di cittadini delusi per questa modalità di lavoro. Una mamma che si è persa tra le scale e i corridoi della sede del Parlamento. È alla Conferenza per accompagnare il figlio, Joemy Lindau, un ragazzone di 17 anni, che essendo minorenne non può partecipare da solo alla plenaria. “È difficile, non siamo abituati a queste cose”, racconta la mamma. Nel corso del pomeriggio prende la parola anche lui. Una delle pochissime persone di colore presenti nell’emiciclo. “Il sistema educativo deve inserire lo sport per fare crescere lo spirito di competitività tra i giovani” una delle sue proposte, “armonizzando le possibilità anche per le periferie”.

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