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Danimarca: Consiglio delle Chiese contrario a obbligo di tradurre omelie e sermoni in danese. “Violazione della tradizione di libertà e diversità”

Il Consiglio delle Chiese danesi ha ora deciso di rendere pubblica una lettera che era stata inviata al primo ministro Mette Frederiksen lo scorso ottobre, in merito al progetto del governo di introdurre una legge per imporre di tradurre in danese omelie e sermoni pronunciati in altre lingue. “Percepiamo una tale legge come un sospetto verso le denominazioni diverse dalla Chiesa di Danimarca”, cioè la “Chiesa cattolica, ortodossa, anglicana, la Chiesa riformata tedesca e francese e l’amplissima gamma di chiese libere e comunità di migranti”. Secondo i rappresentanti delle 16 denominazioni che compongono il Consiglio, quella proposta è anche “una violazione della tradizione danese di libertà e diversità, di cui siamo orgogliosi”; ed è persino “contro la tradizione luterana, che sottolinea sempre l’importanza della lingua madre”. La legge “non creerà più apertura, ma più controllo e lavoro inutile per il singolo predicatore”, contribuirà a “creare sfiducia nei confronti di persone che con la loro diversità sono portatrici di un contributo alla società danese”. Nella lettera si segnala anche che l’obbligo di traduzione rappresenterebbe un onere economico per le piccole comunità religiose. E si evidenzia come le comunità di fede dei danesi nel mondo “contribuiscono alla convivenza” e non sono “società parallele, semplicemente perché predicano e parlano in una lingua diversa dalla lingua del Paese in cui vivono”.
“Il Consiglio ha deciso di rendere pubblica la lettera adesso”, spiega al Sir il segretario del consiglio delle Chiese Mads Christoffersen, “come contributo al dibattito in corso sulla proposta di legge che il governo ha programmato di presentare nel mese di febbraio”.

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