Coronavirus Covid-19: Iss, un non vaccinato rischia 25 volte in più di morire rispetto ad un immunizzato con dose booster

Una persona non vaccinata rispetto ad una vaccinata con dose booster corre un rischio 10 volte più alto di essere ricoverata per Covid, oltre 27 volte più alto di finire in terapia intensiva e circa 25 volte più alto di morire per aver contratto il virus. È quanto si legge nel report “Epidemia Covid-19” diffuso dall’Istituto superiore di sanità. “La campagna vaccinale in Italia è iniziata il 27 dicembre 2020. Al 2 febbraio 2022, sono state somministrate 129.155.923 dosi (46.991.786 prime dosi, 48.016.880 seconde/uniche dosi e 34.147.257 terze dose”, viene spiegato, aggiungendo che “nella fascia 5-11 anni, in cui la vaccinazione è iniziata il 16 dicembre 2021, al 2 febbraio 2022 si registra una copertura con una dose pari a 17,5% e con due dosi pari a 15,2%”.
“L’efficacia del vaccino (riduzione percentuale del rischio nei vaccinati rispetto ai non vaccinati) nel prevenire la diagnosi di infezione da Sars-CoV-2 – spiega l’Iss – è o pari al 63% entro 90 giorni dal completamento del ciclo vaccinale, 51% tra i 91 e 120 giorni, e 40% oltre 120 giorni dal completamento del ciclo vaccinale; pari al 67% nei soggetti vaccinati con dose aggiuntiva/booster. Nel “prevenire casi di malattia severa è pari a 90% nei vaccinati con ciclo completo da meno di 90 giorni, 91% nei vaccinati con ciclo completo da 91 e 120 giorni, e 85% nei vaccinati che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 120 giorni; pari al 95% nei soggetti vaccinati con dose aggiuntiva/booster”.
Nel report si rileva che “dal 24 agosto 2021 al 2 febbraio 2022 sono stati segnalati 179.413 casi di reinfezioni, pari a 2,9% del totale dei casi notificati. Nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è pari a 3,1%, identico alla settimana precedente”. “La probabilità di contrarre una reinfezione – viene precisato – risulta più elevata nei non vaccinati rispetto ai vaccinati con almeno una dose e negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione”.

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