“Nel Venerdì Santo la Chiesa si ferma in adorazione e contempla non il fallimento di Dio, ma il suo misterioso trionfo in una forma paradossale, quella della croce”. Lo ha detto padre Roberto Pasolini, predicatore della Casa Pontificia, nell’omelia della celebrazione della Passione del Signore, presieduta dal card. Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, nella basilica di San Pietro. “In un tempo come il nostro, così ricco di nuove intelligenze — artificiali, computazionali, predittive — il mistero della passione e morte di Cristo ci propone un altro tipo di intelligenza”, ha spiegato il frate cappuccino: “l’intelligenza della Croce, che non calcola, ma ama; che non ottimizza, ma si dona. Un’intelligenza non artificiale, ma profondamente relazionale, perché interamente aperta a Dio e agli altri”. Secondo Pasolini, “In un mondo in cui sembrano essere gli algoritmi a suggerirci cosa desiderare, cosa pensare e persino chi essere, la Croce ci restituisce la libertà di una scelta autentica, fondata non sull’efficienza, ma sull’amore che si consegna”. “Se il Padre non ha risparmiato la morte al suo Figlio, come si comporterà con noi quando gli offriremo tutte le nostre lacrime?”, si è chiesto il religioso: “In realtà, sappiamo bene come il Padre abbia scelto di esaudire la preghiera del Figlio: non gli ha evitato il supplizio della croce, ma gli ha permesso di diventare, proprio su quell’altare, il Salvatore del mondo. Dio non ha evitato a Cristo la sofferenza, ma ha sostenuto il suo cuore, rendendolo capace di consegnarsi alle esigenze dell’amore più grande, quello che non si ferma neppure davanti ai nemici. Nella sua passione, infatti, Cristo non ha semplicemente subito gli eventi, ma li ha accolti con tale libertà da trasformarli in un cammino di salvezza. Un cammino che resta aperto a chiunque sia disposto a fidarsi fino in fondo del Padre, lasciandosi guidare dalla sua volontà anche nei passaggi più oscuri”.