Tragedia funivia Monte Faito: mons. Alfano (Sorrento-Castellammare di Stabia) al Sir, “nella Via Crucis cittadina stasera una preghiera per questa sofferenza grave”

(Foto ANSA/SIR)

Il Monte Faito è “un luogo simbolico della diocesi”. Lo ricorda l’arcivescovo di Sorrento-Castellammare, al Sir, dopo la tragedia di ieri che ha coinvolto la funivia del Monte Faito, con quattro morti e un ferito grave. Sul Monte Faito, infatti, oltre a sorgere un santuario dedicato a San Michele, si rifugiarono anche i due santi patroni, Catello e Antonino. E la stazione centrale di Castellammare di Stabia, da dove parte la funivia si trova a pochi metri dalla concattedrale. “Ho sentito il parroco della concattedrale – ci racconta mons. Alfano – e mi spiegava la reazione della gente: si sentono tutti coinvolti, non solo emotivamente, ma partecipando a questa tragedia come se fosse propria. C’è una partecipazione corale, lo sgomento, il dolore, l’incapacità a reagire subito positivamente. C’è stata anche tanta paura: molti che abitano nei dintorni della stazione, che è circondata dalle case, hanno sentito le urla e richieste di aiuto da parte dei passeggeri della cabina a valle. Grazie a Dio almeno loro sono tutti salvi. Il piano allarme c’è ed è serio, giù è scattato e ha funzionato. Su purtroppo no, bisognerà capire dalle indagini che cosa è effettivamente successo”.
Stasera, come da tradizione nel Venerdì Santo, si snoderà per le vie di Castellammare la Via Crucis cittadina: “Abbiamo deciso di farla – ci spiega l’arcivescovo -. La tragedia è un motivo in più perché ci sia la Via Crucis, che è già molto sentita a Castellammare. Ci raduneremo tutti in preghiera: innalzeremo la nostra preghiera a Dio anche per questa sofferenza grave che ci ha toccato da vicino, trovando i segni di speranza. La Pasqua è questo: trovare nella croce, nel dolore, nella morte anche i segni di speranza, senza essere per nulla banali o superficiali. Segni di speranza che Dio ci offre nella solidarietà, nella vicinanza, ma anche nell’aprirsi al mistero della vita che è più grande della morte. Come Chiesa siamo chiamati non solo a vivere questa verità, con tutta la delicatezza e il rispetto che la situazione richiede”.

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