Pasqua: mons. Ghizzoni (Ravenna), “non cedere al compromesso facile” e lottare “contro le malattie sociali che possono divorare soprattutto i giovani”

“Annunciare la Pasqua del Signore Gesù, è annunciare che la vita, la giustizia, la verità, il bene alla fine avranno sempre la meglio”. Lo ricorda mons. Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia, nel messaggio alla comunità diocesana in occasione delle festività pasquali.
“Essere cristiani oggi, sulla scena di questo mondo, agitato da tante violenze e da azioni destabilizzanti e inquietanti, che nascono da gruppi o singoli concentrati sul proprio interesse o sui propri bisogni immediati e materiali, è difficile”, osserva il presule, aggiungendo che “non riusciamo peraltro a non mettere al centro dei nostri discorsi la cronaca nera o le vicende di guerre e conflitti, o i comportamenti di corruzione e di mancanza di etica, anche vicini a noi. C’è poca speranza e poca fiducia nel futuro, molti si sentono impotenti. E ci si chiude in sé stessi, nell’attivismo, nel disimpegno o nella superficialità dei divertimenti. Qualcuno cerca vie di fuga pericolose e alienanti, come una parte dei nostri adolescenti e dei giovani”. “Se è vero che le scelte a favore del bene comune e della dignità della persona umana, avranno un prezzo, chiederanno rinunce e lotte, però – rileva mons. Ghizzoni – faranno crescere il bene di tutta la società e la felicità dei singoli”. “Siamo in un momento in cui potremmo essere tentati di cedere anche noi al compromesso facile, rinunciando ai nostri valori e ai nostri doveri. Soprattutto in questi tempi nei quali siamo spesso chiamati a scelte politiche o comunque a decidere sull’orientamento generale della società in cui viviamo. Non possiamo permettercelo – ammonisce l’arcivescovo – né per noi stessi, per le nostre famiglie, né soprattutto per le giovani generazioni, che si aspettano da noi orientamenti ed esempi, per fondare la loro casa sulla roccia, non sulla sabbia”.
“È per noi un obbligo di coscienza – prosegue mons. Ghizzoni ricordando che quest’anno ricorre il 60° anniversario dell’inizio del Concilio ecumenico Vaticano II – contrastare ‘tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche; tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili’ (Gaudium et Spes, 27)”. “Non è questo un vero programma di costruzione o di rinnovamento delle nostre società a livello mondiale, ma anche della nostra società ravennate e romagnola? Noi che crediamo in Cristo risorto e vivo non dovremmo rinnovare la nostra coscienza con questi valori e con le scelte personali e comunitarie, ma anche sociali, che ci vedono coinvolti?”, domanda l’arcivescovo, concludendo con l’augurio: “La forza della Pasqua ci spinga, la parola del Vangelo ci illumini, la carità ci permetta una testimonianza anche eroica, sicuri che ‘il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio’ (1 Cor 3,22)”.

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