
“Gli sguardi che mi colpiscono di più in Ucraina sono quelli degli uomini e delle donne che, pur avendo ricevuto qualche giorno di riposo o di riabilitazione, non riescono né sorridere, e a volte neanche a parlare. Perché hanno visto troppi morti tra i propri compagni E sanno che è difficile condividere la loro esperienza con gli altri. Le brutalità della guerra, le sperimenti sulla propria pelle; il racconto per gli altri sarà sempre parziale”. Risponde così mons. Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico a Kyiv, al Sir che gli chiedeva quale “volto” della Croce di Gesù lo colpiva di più. E aggiunge: “Guardando questi difensori della propria patria, mi viene spontanea la preghiera, perché abbiano consolazione almeno in Dio”.
“È questo il volto della croce? Sì, anche se la sofferenza umana – osserva il nunzio – non raggiunge la grandezza e il significato della passione di Cristo, la aiuta a capire. Soprattutto, perchè comprende una grande solitudine in vari sensi, anche quello morale. Ti puoi trovare quasi da solo ad affrontare la sfida della sopravvivenza, e gli altri da lontano persino si metteranno a fare dei discorsi strani su di te. Ti chiederanno, perché non sorridi, perché sei stanco. E non saprai neanche come rispondere. Ma in mezzo a questa solitudine, risplende ancora di più la grandezza della Risurrezione di Cristo: il Redentore ha sofferto, anzi continua a soffrire per te e per me, e mi apre il cammino ad una Vita immensamente più bella ed eterna, e vince tutte le superficialità degli esseri umani, cioè di ciascuno di noi”.