Papa Francesco: “tante volte noi facciamo un vero maquillage sulla nostra vita”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Tante volte noi facciamo un vero maquillage sulla nostra vita”. Lo ha denunciato, a braccio, il Papa, nella liturgia penitenziale presieduta nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie, con cui si inaugura l’iniziativa quaresimale “24 ore per il Signore”. promossa dal Dicastero per l’evangelizzazione. Soffermandosi sul confronto tra ilmodo di pregare del fariseo e quello del pubblicano, Francesco ha fatto notare che il fariseo pregava “stando in piedi, a fronte alta, mentre il pubblicano, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, per la vergogna”. Il fariseo sta in piedi, cioè “è sicuro di sé, ritto e trionfante come uno che debba essere ammirato per la sua bravura, come un modello”: “In questo atteggiamento – ha osservato il Papa – egli prega Dio, ma in realtà celebra sé stesso, prega se stesso: io frequento il tempio, io osservo i precetti, io offro l’elemosina, io e per me, tutto per me… Formalmente la sua preghiera è ineccepibile, esteriormente si vede un uomo pio e devoto, ma, invece che aprirsi a Dio portandogli la verità del cuore, maschera nell’ipocrisia le sue fragilità.  Questo fariseo non attende la salvezza del Signore come un dono, ma quasi la pretende come un premio per i suoi meriti. Ho fatto i compiti, adesso dammi il premio. Quest’uomo avanza senza esitazione verso l’altare di Dio per occupare il suo posto, in prima fila, ma finisce per andare troppo in là e mettersi davanti a Dio! Io”. Il pubblicano, invece, “sta a distanza, non cerca di farsi largo, rimane in fondo”. “Ma proprio quella distanza, che manifesta il suo essere peccatore rispetto alla santità di Dio, è ciò che gli permette di fare l’esperienza dell’abbraccio benedicente e misericordioso del Padre”, la tesi del Papa: “Dio può raggiungerlo proprio perché, restando a distanza, quell’uomo gli ha fatto spazio, ha fatto spazio a dio: non parla di se stesso, parla guardando Dio”. “Quanto è vero questo anche per le nostre relazioni familiari, sociali e pure ecclesiali!”, ha esclamato Francesco, secondo il quale “c’è vero dialogo quando sappiamo custodire uno spazio tra noi e gli altri, uno spazio salutare che permette a ciascuno di respirare senza essere risucchiato o annullato. Allora quel dialogo, quell’incontro può accorciare la distanza e creare vicinanza. Succede così anche nella vita di quel pubblicano: fermandosi in fondo al tempio, si riconosce in verità così com’è di fronte a Dio: distante, e in questo modo permette che Dio si avvicini a lui”.

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