Quaresima: mons. Savino (Cassano all’Jonio), “farci testimoni e servitori del bene della nostra terra”

“Siamo fatti per la vita, non per la morte. Questo il filo conduttore che accompagnerà le nostre esistenze per la Santa Quaresima”. Il vescovo di Cassano All’Jonio, mons. Francesco Savino, nel suo messaggio per la Quaresima 2023, invita a vivere questo tempo di penitenza mirando alla conversione del cuore e alla resurrezione, che deve essere un’esperienza quotidiana che nell’ora della morte diventa decisiva per la salvezza eterna.
“Se convertiamo il cuore al Vangelo – prosegue il presule -, la Grazia di Cristo ci aiuterà a scoprire, a vedere, a far germogliare in noi questi semi. Trasformerà il nostro malcelato e pervasivo malessere in cuori che compiono gesti di perdono, coscienze che spezzano le catene della cultura mafiosa, occhi che scovano i bisogni dell’altro, teste che studiano con fatica e non vagano nella vanità, braccia che lavorano con giustizia, reti di collaborazione, relazioni di onestà, valorizzazione del merito, comunità che accolgono, scelte virtuose di ecologia integrale, energie spese a servizio della casa comune. I germi di risurrezione sono accolti quando ognuno di noi almeno può incarnare o aiutare alcuni di questi valori, senza liquidarli subito come banali e scontati”. Finché gli impegni “normali e quotidiani” saranno visti come “banali e scontati”, non aspettiamoci eventi straordinari ed epocali per poter risorgere. Accettare invece la logica della risurrezione quotidiana – per mons. Savino -, “significa accettare responsabilmente e con amore la fatica del cammino lento, che non porta necessariamente a un inesorabile progresso verso il meglio, ma che sa dirigersi verso la giustizia e la carità”.
Finché camminiamo nella storia, né la nostra terra, né l’umanità intera potranno uscire dalle contraddizioni e dalle tensioni tra luce e tenebre, peccato e grazia, morte e vita. Ma la forza irresistibile del Risorto, anche qui e oggi, può orientare i nostri piccoli passi verso la luce, la grazia, la vita. “Nella nostra terra – evidenzia il vescovo -, dobbiamo riconoscerlo, siamo a volte portati a chiuderci in una malinconica e sterile disamina dei padroni di morte e dei vincoli di oppressione che ci attanagliano. Ci lasciamo trasportare non di rado dal fatalismo e dalla rassegnazione, atteggiamenti forse anche comodi, più che dalla visione cristiana della costruzione del regno di Dio e dalle enormi risorse depositate in noi dalla forza rigenerante della risurrezione del Signore”. Ma “la luce della Pasqua è anche questo risveglio della coscienza e dell’amore, che ci porta a saper riaprire uno sguardo di fiducia, anche di stupore, davanti al bene che ci precede e ci supera, e da cui si può sempre ripartire in modo costruttivo”. E allora, “così come il tempo di Quaresima tradizionalmente richiama a volgere la nostra coscienza verso negatività da individuare e correggere con rinunce e sacrifici, così anche il tempo di Pasqua può e deve essere colto come il momento favorevole per volgere la coscienza verso il bello che c’è attorno a noi, per saperlo nominare, apprezzare con animo riconoscente, valorizzare. Ma anche questo sguardo verso il kalòs, verso la bellezza/bontà/verità, richiama a una dimensione di impegno/sacrificio/offerta: l’impegno a farci testimoni e servitori del bene della nostra terra”.

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