Autonomia differenziata: p. Occhetta, “se mal applicata, più che unire le diversità, spacca davvero il Paese”

“All’inizio del mese di febbraio è riemerso il grande tema dell’autonomia differenziata che, invece di unire le diversità nell’unità dello Stato, sta dividendo il Paese. Eppure, la Costituzione prevede che lo Stato possa attribuire alle Regioni ordinarie maggiore autonomia su alcune materie legislative. Il Parlamento, infatti, può trasferire la competenza legislativa su temi specifici alle Regioni attraverso un’intesa”. Lo scrive il gesuita padre Francesco Occhetta, nell’ultimo numero di Vita pastorale, anticipato al Sir. Un testo in cui ricorda che oggetto dell’autonomia è la competenza legislativa che diventa esclusiva per la Regione e non è concorrente (ex art. 117 Cost.). Dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, il disegno di legge sull’autonomia differenziata è destinato a un “duro percorso” prima della sua attuazione: il ministro Calderoli prevede per fine anno, dopo l’analisi del Governo e del Parlamento, della Conferenza unificata e delle Regioni.
Il gesuita evidenzia che, “da una parte, l’autonomia territoriale ben temperata valorizza i territori secondo il principio di sussidiarietà, dall’altra troviamo il potere-dovere dello Stato di garantire in ogni parte del Paese i diritti basilari dei cittadini, secondo i princìpi di equità e di uguaglianza sostanziale”. “La partita vera si gioca sul modello di contabilità pubblica che l’autonomia differenziata capovolge. Attualmente le tasse dei cittadini le gestisce lo Stato centrale, che le ridistribuisce ai territori rispettando dei parametri di equità e solidarietà tra le Regioni. L’autonomia differenziata, invece, permetterebbe alle Regioni di gestire la maggior parte del denaro pubblico che si raccoglie nella Regione e di cederne allo Stato centrale ciò che avanza. Questo modello potrebbe portare a formare uno Stato nello Stato l’area geografica formata da Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, Trentino-Alto Adige, Friuli e Valle d’Aosta”. Ricordando, infine, il giudizio di alcuni studiosi, p. Occhetta segnala che “ne contestano sia gli aspetti tecnici, sia i possibili effetti sociali in grado di aumentare le disuguaglianze inter-regionali col rischio di dividere in due il Paese, in cui le Regioni Calabria, Basilicata, Molise, Abruzzo, Lazio, Liguria diventerebbero al traino delle Regioni del Nord”.

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