Papa Francesco: a Roaco, davanti alle guerre “sviluppare coralmente la sinfonia della carità”. In Ucraina “violenza luciferina, diabolica”

Di fronte ai “dodici anni di guerra che hanno prostrato l’amata e martoriata Siria, alle tristi vicende che hanno coinvolto l’Iraq, agli sconvolgimenti del Libano, al conflitto che dal Tigray ha nuovamente ferito l’Etiopia e in parte la vicina Eritrea e all’amata e martoriata Ucraina” occorre “tenere dinanzi agli occhi l’icona del buon Samaritano”: lo ha detto Papa Francesco ricevendo oggi in udienza i partecipanti alla 95ª Assemblea plenaria della Riunione delle Opere per l’aiuto alle Chiese orientali (Roaco). Il Pontefice ha invitato i presenti a “sviluppare coralmente la sinfonia della carità” che richiede la ricerca dell’”accordo” e la fuga da “ogni tentazione di isolamento e chiusura in sé stessi e nei propri gruppi, per restare aperti ad accogliere quei fratelli e quelle sorelle cui lo Spirito ha suggerito di avviare esperienze di vicinanza e servizio alla Chiese cattoliche orientali, nella madrepatria come pure nei territori della cosiddetta diaspora”. Per il Papa “è importante per accordarsi, sintonizzarsi nell’ascolto reciproco, che facilita il discernimento e porta a scelte condivise, veramente ecclesiali. Nel deserto di povertà e scoraggiamento provocato dai dodici anni di guerra che hanno prostrato l’amata e martoriata Siria, avete potuto scoprire come Chiesa che le sorgenti per far tornare a fiorire le steppe e dare acqua agli assetati sgorgheranno solo se ciascuno saprà abbandonare una certa autoreferenzialità e porsi in ascolto degli altri per individuare le vere priorità. Certo, si tratta di gocce nell’oceano del bisogno, ma la goccia della Chiesa non può mancare, mentre si attende sempre che la comunità internazionale e le autorità locali non spengano l’ultima fiammella di speranza per quel popolo tanto sofferente”. Da Papa Bergoglio sono venute parole anche “per il dramma causato dal conflitto che dal Tigray ha nuovamente ferito l’Etiopia e in parte la vicina Eritrea” e “per l’amata e martoriata Ucraina”, dove, ha detto, “si è tornati al dramma di Caino e Abele; è stata scatenata una violenza che distrugge la vita, una violenza luciferina, diabolica, alla quale noi credenti siamo chiamati a reagire con la forza della preghiera, con l’aiuto concreto della carità, con ogni mezzo cristiano perché le armi lascino il posto ai negoziati. Vorrei ringraziarvi per aver contribuito a portare la carezza della Chiesa e del Papa in Ucraina e nei Paesi ove sono stati accolti i rifugiati. Nella fede sappiamo che le alture della superbia e dell’idolatria umane saranno abbassate, e colmate le valli della desolazione e delle lacrime, ma vorremmo anche che si compia presto la profezia di pace di Isaia: che un popolo non alzi più la mano contro un altro popolo, che le spade diventino aratri e le lance falci. Invece, tutto sembra andare nella direzione opposta: il cibo diminuisce e il fragore delle armi aumenta. Non smettiamo perciò di pregare, di digiunare, di soccorrere, di lavorare perché i sentieri della pace trovino spazio nella giungla dei conflitti”.

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