Nigeria: don Abayomi (viceparroco Owo), nella strage di Pentecoste “aggressori nascosti anche tra i fedeli. Abbiamo bisogno di una strategia di sicurezza. Polizia non è intervenuta”

(Foto ANSA/SIR)

“Secondo testimoni oculari gli aggressori erano quattro, e oltre a loro ce n’era qualcuno tra noi in chiesa. Il numero effettivo è sconosciuto. Ho sentito tre o quattro esplosioni, una dopo l’altra. L’intero attacco è stato ben pianificato ed è durato circa 20-25 minuti”. È il racconto dell’attacco terroristico alla chiesa di San Francesco Saverio a Owo, nello Stato di Ondo, in Nigeria, durante la Messa della domenica di Pentecoste dello scorso 5 giugno. Il massacro ha provocato la morte di almeno 41 fedeli e decine di feriti gravi. A rilasciarlo alla fondazione pontificia, Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), è il viceparroco, don Andrew Adeniyi Abayomi, presente il giorno della strage. “Ho sentito un rumore. Poi ho sentito un secondo forte rumore e ho visto i parrocchiani correre in diverse direzioni nella chiesa. Sono rimasto lì scioccato, chiedendomi cosa stesse succedendo, quando qualcuno è corso da me, urlando: ‘Padre, uomini armati sconosciuti!’. Ho esortato le persone a spostarsi nella sacrestia. Alcuni dei parrocchiani sono fuggiti da lì. Non potevo correre perché ero circondato da bambini, mentre alcuni adulti si aggrappavano a me”. Dopo la fuga degli aggressori “siamo usciti dalla sacrestia e ho visto che alcuni parrocchiani erano morti, mentre molti erano feriti. Ho implorato le persone di portare i nostri fratelli e sorelle feriti in ospedale. Ho iniziato a trasferire alcuni dei feriti all’ospedale di St. Louis e al Federal Medical Center. Abbiamo lasciato i cadaveri in chiesa, mentre cercavamo di salvare i feriti”. “Non possiamo accertare la tribù, la razza o il gruppo a cui appartengano gli aggressori – spiega il viceparroco –. Anche mentre era in corso l’attacco, alcuni li hanno visti, ma non sono riusciti a identificarli perché non parlavano. Durante la Messa alcuni degli aggressori si sono travestiti da parrocchiani”. “Abbiamo bisogno di sostegno materiale e finanziario per la cura delle vittime e dei sopravvissuti – aggiunge don Abayomi –. Abbiamo anche bisogno di una strategia di sicurezza. Il personale di sicurezza e la polizia nelle vicinanze non sono intervenuti in nostro soccorso, anche se l’attacco è durato 20 minuti e quattro ordigni sono esplosi”. Così a 10 giorni dal massacro resta la paura tra i parrocchiani ma, conclude il sacerdote, “siamo determinati a mantenerli forti nella fede e a confortarli. Nel mio incontro con i parrocchiani non ho visto una perdita di fede, ma un rafforzamento. Sono pronti e disposti a rimanere saldi”.

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