Missionari martiri: padre Stan Swamy, gesuita indiano, un’esistenza a fianco dei poveri. Spadaro, “ha dato la vita per difendere i diseredati”

(Foto Missio)

“Padre Stan è stato fonte di ispirazione per molte persone. Lo definisco un contemplativo in azione. Credeva nella chiesa che vive il bene comune e che sta con la gente, incarnata, come la vuole Papa Francesco”. Padre Xavier Jeyaraj, gesuita, usa queste parole per definire padre Stan Swamy, gesuita indiano che ha speso la sua vita nella difesa dei diritti delle minoranze etniche che vivono in India. Per questo il religioso ha subito accuse di ogni tipo dalle autorità indiane, persino di terrorismo. È stato incarcerato a 84 anni – nonostante avesse il morbo di Parkinson in stato avanzato – nell’ottobre 2020 ed è morto in carcere a Mumbai il 5 luglio 2021. “Lo chiamerei martire – continua Jeyaraj –. È stato ucciso da un sistema che, in nome del progresso, calpesta con determinazione i diritti delle minoranze e sistematicamente ha punito padre Stan per le sue azioni e le sue posizioni. Era indubbiamente una spina nel fianco per le autorità”.
Le testimonianze sul gesuita indiano sono raccolte in un video, realizzato da “Luci nel mondo” per la Fondazione Missio, in occasione della trentesima Giornata dei missionari martiri.

Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, a sua volta afferma: “Stan Swamy è una figura che mi ha molto colpito: l’essere stato messo da parte, carcerato e perseguitato per la sua azione di giustizia, per difendere Cristo nei fratelli più poveri ha fatto rifulgere la sua testimonianza che è diventata molto problematica per le autorità. La testimonianza dei cristiani a volte mette in discussione il potere, se questo cerca di silenziare quanti rivendicano giustizia. La voce di Stan oggi urla ancora di più: ha dato la vita per difendere i diseredati ed è un grande modello per ciascuno di noi, che deve ispirare anche l’azione sociale dei cristiani e deve farli interrogare sul ruolo della politica e il modo con cui la si vive, che deve essere un bene a servizio della gente”. La chiesa, continua Spadaro, “non è fatta per se stessa, per guardarsi allo specchio, ma esiste in funzione della missione. Una delle grandi svolte che ha realizzato il pontificato di Papa Francesco è la svolta missionaria: andiamo per le strade delle città, dice Francesco, che vuole una chiesa che cammina per strada, accidentata; però meglio cadere a terra ogni tanto piuttosto che rimanere integri e non parlare a nessuno! E di questo oggi c’è bisogno: di una parola di vangelo e di salvezza”.

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