Istituto oncologico veneto: Padova, oggi all’ospedale Busonera il presepe vivente con pazienti, personale sanitario e volontari

Foto: Istituto oncologico veneto

Una Natività particolare, quella allestita oggi all’Ospedale Busonera di Padova, sede dell’Istituto oncologico veneto (Iov). Animata da pazienti, personale sanitario, volontari dello Iov, a testimoniare che la lotta alla malattia oncologica ha bisogno dell’apporto di tutti: della determinazione dei pazienti, dell’impegno di medici, infermieri e operatori, della volontà dei ricercatori di trovare e sperimentare nuove strade terapeutiche. Tra le braccia di “Maria” e “Giuseppe”, il cuore simbolo dello Iov a rappresentare tutti coloro che, in qualsiasi ambito, con i loro “battiti” contribuiscono al progresso della ricerca, della diagnosi e della cura.
Così “Maria” e “Giuseppe” sono stati personificati da Enrica Mengato, 35enne di Abano Terme nel 2020 colpita da cancro al seno, e da Lorenzo Rama, ventitreenne di Dueville (Vicenza), che ha sconfitto un sarcoma. Attorno, la “vivandiera” Stefania Zovato, responsabile dell’Unità operativa semplice dipartimentale tumori ereditari, i “pastori” Giuliano Malacco e Roberto Luciani (volontari dell’Avo, Associazione volontari ospedalieri), le “contadinelle” Laura Fontolan ed Erika Cavalletto (infermiere della ricerca). Racconta Enrica – “Maria”: “Era il 28 dicembre 2020 quando mi sedetti per la prima volta sulla poltrona della chemio. Gli occhi erano colmi di lacrime che, cascasse il mondo, non dovevo far scendere”. Quel giorno Erica lesse una frase di Enzo Bianchi “che ho capito essere una breve, ma profonda, rappresentazione del significato di questo luogo: ‘Gioia non è altro che avere uno sguardo attento verso gli altri'”. Lorenzo – “Giuseppe” riflette: “Avere questo ruolo nel presepe ha un significato molto profondo: la forza di crederci sempre e non mollare mai, quella di saper alzare lo sguardo e vedere davanti a sé anche solo una piccola luce, una piccola stella, un piccolo Natale a cui aggrapparsi”. La nostra “stella cometa”, spiega il direttore generale Patrizia Benini, “è la ricerca scientifica, perché senza una ricerca di alto profilo non c’è cura e non si può ampliare la platea dei guariti. È la ricerca che permette ai nostri occhi di traguardare l’orizzonte, perché coltiviamo un sogno: un mondo finalmente liberato dal cancro”.

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