Consiglio d’Europa: giustizia, cresce il ricorso alla libertà vigilata. L’11% sono donne. Dato italiano in linea con la media continentale

È cresciuto del 3%, tra il 2019 e il 2020, il numero di persone soggette a sanzioni e misure punitive senza privazione della libertà (sorveglianza elettronica, servizi socialmente utili, arresti domiciliari, libertà vigilata…). È l’indagine annuale Space II 2020 realizzata dall’Università di Losanna per il Consiglio d’Europa a evidenziare il dato: se nel 2019 le persone soggette a questo tipo di restrizioni in Europa erano 1.456.192, nel 2020 sono state 1.500.547. L’incremento, si legge nel rapporto, “riflette la continua tendenza all’aumento di questo genere di misure”. Dieci Paesi in particolare hanno visto crescere significativamente questa percentuale, a partire dalla Serbia (34%), compresa l’Italia (+10%). Per contro, otto hanno registrato cali notevoli, in testa l’Armenia (-47%). Al 31 gennaio 2020 in Europa c’erano 149 persone in libertà vigilata ogni 100.000 abitanti contro 103 persone in carcere ogni 100.000 abitanti.
Il dato italiano è in linea con la media europea (149 su 100mila in libertà vigilata e 101 su 100mila in carcere). L’11% delle persone in libertà vigilata erano donne, più del doppio della percentuale di donne nella popolazione carceraria (5%). Gli stranieri rappresentano il 6,7% di quelli in libertà vigilata (rispetto al 17% della popolazione carceraria), perché “è più difficile soddisfare le condizioni richieste per essere posto in libertà vigilata, a partire dal domicilio stabile”, o perché quegli “stranieri incarcerati che vengono rimpatriati dopo aver scontato la pena detentiva” non hanno la possibilità di essere posti in libertà vigilata. L’indagine si basa sui dati forniti dagli Stati membri del Consiglio d’Europa ad eccezione di Albania, Germania, Bosnia ed Erzegovina, Ungheria, Liechtenstein, Russia e San Marino, spiega la nota stampa.

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