Commissione Ue: Codice europeo contro la disinformazione. Breton, no a guadagni dalle fake news

“La disinformazione non può rimanere una fonte di entrate”. Così il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, intervenendo durante la conferenza stampa congiunta con la vicepresidente della Commissione Ue, Vera Jourova, per la presentazione delle nuove linee guida del Codice Ue contro la disinformazione. “Dobbiamo vedere impegni più forti da parte delle piattaforme online, l’intero ecosistema di pubblicità e le reti di fact-checker”, ha detto Breton. Nella corsa contro il tempo per frenare produttori e diffusori di fake news la Commissione Ue vuole mettere fine ai profitti derivanti dalla disinformazione. “Le piattaforme e gli attori dell’ecosistema delle pubblicità online devono assumersi la responsabilità e collaborare di più per combattere la disinformazione”, scrive la Commissione Ue. Inoltre, il Codice rafforzato richiede un impegno maggiore per il monitoraggio e la condivisione di dati con i ricercatori, su “comportamenti manipolativi” come account falsi, acquisti di account, campagne di disinformazione. Le piattaforme online dovranno fornire strumenti agli utenti per segnalare fake news e richiedere risarcimenti per danni causati dalla diffusione di esse.
Jourova chiarisce che la Commissione “non vuole una censura”; chiede di agire “sui fatti non sulle opinioni” per questo è necessario “un sistema di fact-checking decentralizzato”. Le piattaforme dovranno presentare report con indicatori più chiari sulle performance. Infine, si prevede la creazione di un centro per la trasparenza e una task force permanente, presieduta dalla Commissione e di cui faranno parte, oltre ai firmatari, anche il Servizio di azione esterna (Eeas), il Gruppo dei regolatori Ue per i media audiovisivi (Erga) e l’Osservatorio Ue per i media digitali (Emo) che hanno ricevuto 11 milioni di euro per sviluppare otto hub regionali nell’Ue. La Commissione presenterà il nuovo codice a settembre, che entrerà in vigore nel nuovo anno e poi diventerà vincolante, con l’inserimento di sanzioni, dopo l’approvazione del Digital Services act.

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