Diocesi: mons. Baturi (Cagliari), “costruire una società più degna dell’uomo”

“La debolezza strutturale di una economia che sconta tante difficoltà (di dimensioni, di innovazione, di sostegno) e si combina con la crisi demografica e lo spopolamento dei territori più interni complica tutto in una realtà come quella sarda ricca di cultura e tradizione, di bellezza e laboriosità, di capacità di sacrificio e solidarietà. Dobbiamo tornare a confrontarci per reimpostare la rotta della vita, interrogarsi sul valore della convivenza. Sono però pochi i segni di un dibattito serio e lungimirante”. Lo afferma l’arcivescovo di Cagliari, mons. Giuseppe Baturi, dopo 15 mesi in Sardegna trascorsi a osservare, studiare, confrontarsi con le istituzioni locali e regionali, imprese e Terzo settore, in un’intervista che uscirà nel giorno di Pasqua nei settimanali “Il nuovo cammino” (diocesi di Ales-Terralba), “Il Portico” (diocesi di Cagliari), “SulcisIglesienteoggi” (diocesi di Iglesias). L’attuale emergenza sanitaria “ha messo in rilievo e aggravato i problemi connessi alle disuguaglianze di opportunità e di beni, di accesso alla sanità, alla tecnologia, all’educazione. Penso ai giovani disoccupati e senza orientamento e alle fasce di popolazione costrette alla marginalità. Ho letto con preoccupazione – dice mons. Baturi – una recente indagine circa un significativo, e per certi versi sconcertante, calo della fiducia dei sardi nei confronti degli altri. Senza fiducia reciproca non può esserci appartenenza comunitaria”. “Sono però pochi i segni di un dibattito serio e lungimirante. La Sardegna ha un modello culturale cui ispirarsi nelle emergenze: ‘sa paradura'”, esempio di “solidarietà, ossia di vicendevole protezione, che ha come riferimento la comune appartenenza a una comunità”. In questo senso, per mons. Baturi, “i cattolici devono farsi sentire”. L’attuale crisi sta accelerando alcune trasformazioni che, in periodi normali, richiedono tempi lunghi per essere introdotte. “Mi sembra di vedere alcuni punti nodali: l’equilibrio tra la sorveglianza pubblica dei comportamenti e la responsabilità dei cittadini, la chiusura nei propri confini nazionali o regionali e la solidarietà globale, il ruolo dello Stato in rapporto all’area del Terzo settore e della società civile organizzata e solidale, il modello di sviluppo economico in rapporto alle nuove povertà che stanno emergendo”. “Bisogna vigilare – conclude l’arcivescovo – per evitare che queste trasformazioni ipotechino lo sviluppo della nostra società senza il dibattito e la partecipazione che meritano. È il momento nel quale tutti i cattolici lavorino per costruire una società più degna dell’uomo, personalista e comunitaria, solidale e sussidiaria”.

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