Siria: il card. Sandri in visita al monastero di padre Dall’Oglio, Deir Mar Mousa, e al villaggio cristiano di Maaloula

(foto congregazione Chiese orientali)

Si è chiusa il 2 novembre, a Deir Mar Mousa, monastero fondato da padre Paolo Dall’Oglio, e a Maaloula, piccolo villaggio interamente cristiano ove si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù, la visita in Siria del card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, cominciata il 26 ottobre scorso. Di ritorno da Aleppo, in direzione Damasco, il cardinale si è fermato nel monastero di Deir Mar Mousa, accolto dal Superiore Padre Jihad.

Card. Sandri a Deir Mar Mousa (foto Congregazione Chiese orientali)

Qui, secondo quanto riferisce la Congregazione per le Chiese orientali, si è svolto un momento di preghiera. Il prefetto ha pregato insieme ai monaci “per padre Paolo, affidandolo al Signore, ovunque egli si trovi, in cielo o sulla terra”. Dopo Deir Mar Mousa, il card. Sandri si è recato a Maaloula, piccolo villaggio interamente cristiano martoriato dall’occupazione delle milizie radicali islamiche negli anni scorsi e successivamente liberato: le monache del monastero ortodosso erano state rapite e poi liberate, e le chiese profanate o parzialmente danneggiate con le fiamme appiccate alle icone e alle iconostasi. La prima sosta è stata al monastero greco-ortodosso di Santa Tecla, incastonato nelle rocce ove trovò riparo la santa: il cardinale è stato accolto da due vescovi inviati dal patriarca Youhanna X, da alcuni sacerdoti e dalle monache del monastero, rientrate a vita normale: nella piccola chiesa si è pregato insieme dopo la spiegazione di come gli occupanti hanno asportato o distrutto alcune icone ed arredi. Da Santa Tecla il porporato si è trasferito all’antichissimo monastero dei Santi Sergio e Bacco, con una chiesa risalente al IV secolo, tra il 313 e il 325. Sosta anche alla parrocchia melkita di San Giorgio. Anche in questo caso la chiesa e il monastero sono stati profanati e in parte distrutti dall’Isis, con le icone bruciate o derubate, tranne due rimaste sotto le macerie della cupola e per questo non viste dai miliziani: una “ultima cena” e una Madre di Dio. Il cardinale è rientrato a sera a Damasco, concludendo la sua visita denominata “Va sulla strada dritta” (At,9) a ricordo delle parole dette da Dio ad Anania per cercare il nuovo discepolo ed apostolo Saulo, diventato Paolo. “Una via – si legge nel report della visita redatto dalla Congregazione per le Chiese orientali – che le vicende del recente passato della Siria hanno sfigurato, non più diritta ma segnata dalle croci dei discepoli di Gesù e dei loro fratelli in umanità. Tanti sacerdoti o leviti dei tempi moderni, dall’alto delle loro cattedre nazionali ed internazionali, a Damasco come nel mondo, si scostano dinanzi alla Siria ferita: c’è ancora bisogno di nuovi samaritani che si accostano, versando sulle ferite dei cuori e dei corpi l’olio della consolazione e il vino di una nuova letizia. Ci sarà certamente un’alba per l’amata e martoriata Siria, come ama ripetere Papa Francesco, e allora ci si renderà conto che anche oggi il Signore l’avrà protetta e nascosta, come la roccia fu rifugio e riparo per Santa Tecla, per restituirla alla vita e all’affetto di quanti la amano, e anche a quelli che dentro e fuori i confini le hanno fatto del male, alle sue chiese, alle sue città, ma soprattutto ai suoi figli”.

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