Coronavirus Covid-19: mons. Lorefice (Palermo), sospensione delle messe “non è pretesto per indebolire la Chiesa”

“In questo momento così delicato e colmo di trepidazione, possiamo continuare a dare il nostro efficace apporto attraverso il potente mezzo della preghiera personale che ci mette in comunione spirituale con i fratelli e le sorelle delle nostre comunità e dell’intero territorio nazionale e mondiale”. Lo scrive l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, in un messaggio alla diocesi alla luce dell’emergenza sanitaria legata al Coronavirus. “Se non ci ritroviamo fisicamente in assemblea liturgica è per contribuire a tutelare la vita e la salute di tutti, soprattutto di quanti sarebbero più vulnerabili, gli anziani e gli ammalati di ogni età”, aggiunge il presule. L’arcivescovo ribadisce che la restrizione allo svolgimento delle celebrazioni contenuta nel decreto del presidente del Consiglio “non può essere interpretata come una imposizione in odium fidei, un pretesto per indebolire la Chiesa”. “Aiuta la difesa della vita delle persone e, conseguentemente, della loro fede e dei più alti valori umani e cristiani”, spiega. Quindi, l’invito ad approfittare di “questa ardua situazione per venire fuori dall’abitudine religiosa che prende il sopravvento sulla pratica consapevole della nostra vita di fede e della nostra attiva partecipazione alla vita liturgica delle nostre comunità”.
“Soffermiamoci più a lungo nel dialogo della preghiera al cospetto del Signore. Facciamoci nutrire dal cibo sostanziale della Parola di Dio mediante un ascolto più assiduo e attento – è l’invito del presule −. Soffermiamoci singolarmente davanti ai tabernacoli delle nostre chiese che comunque rimarranno aperte. Riscopriamo la preghiera in famiglia, prendiamo parte all’Eucaristia e alla Liturgia delle ore attraverso i mezzi radiotelevisivi o via internet (valorizzando così la pratica della Comunione spirituale) e, soprattutto, intensifichiamo le opere di carità e di misericordia”. Quindi, l’incoraggiamento dell’arcivescovo a “riscoprire il volto del fratello, il suo essere immagine e somiglianza di Dio”, a “ritrovare il senso comunitario e solidale della vita”.

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