Vademecum ecumenico: Santa Sede, “condivisione della vita sacramentale a volte auspicabile e raccomandabile”

“La questione dell’amministrazione e della ricezione dei sacramenti, in particolare dell’eucaristia, nelle celebrazioni liturgiche degli uni e degli altri rimane un motivo di forte tensione nelle nostre relazioni ecumeniche”. Lo riconosce il documento del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani “Il Vescovo e l’unità dei cristiani: Vademecum ecumenico”, diffuso oggi dalla Santa Sede, a firma del cardinale presidente Kurt Koch. Approfondendo, dunque, l’argomento della “condivisione di vita sacramentale con i cristiani di altre Chiese e Comunità ecclesiali”, il documento richiama due principi espressi nel Direttorio ecumenico. Il primo è che la celebrazione dei sacramenti in una comunità “esprime l’unità della Chiesa”; per il secondo, un sacramento è una “partecipazione ai mezzi della grazia”. In merito al primo principio, il Direttorio afferma che “la comunione eucaristica è inseparabilmente legata alla piena comunione ecclesiale e alla sua espressione visibile”. Quindi, la partecipazione ai sacramenti dell’eucaristia, della riconciliazione e dell’unzione degli infermi “deve essere riservata in generale a quanti sono in piena comunione”. Tuttavia, applicando il secondo principio, il Direttorio prosegue affermando che “in certe circostanze, in via eccezionale e a determinate condizioni, l’ammissione a questi sacramenti può essere autorizzata e perfino raccomandata a cristiani di altre Chiese e Comunità ecclesiali”. “Pertanto – si legge nel Vademecum -, in alcune circostanze, la communicatio in sacris è non solo autorizzata per la cura delle anime, ma è riconosciuta come auspicabile e raccomandabile”. Infine, il documento invita al discernimento il vescovo diocesano affinché “valuti l’applicabilità di questi due principi”, anche alla luce del fatto che “la possibilità della communicatio in sacris differisce a seconda della Chiesa o Comunità coinvolta”.

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