Avvento: card. Cantalamessa, “nell’Eucaristia facciamo testamento, decidiamo a chi lasciare la vita, per chi morire”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore”. È il tema con cui si è inaugurato, nel primo venerdì d’Avvento, il ciclo di meditazioni, in programma anche l’11 e il 18 dicembre prossimi, del predicatore della Casa Pontificia, card. Raniero Cantalamessa. Il porporato ha aperto la propria riflessione, nell’aula Paolo VI, alla presenza del Papa, citando i versi del poeta italiano Giuseppe Ungaretti che descrive lo stato d’animo dei militari in trincea durante la prima guerra mondiale con la poesia “Soldati” fatta di poche parole: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Oggi – ha detto Cantalamessa secondo quanto riferisce Vatican news – è l’umanità intera, scossa dalla pandemia, “che sperimenta questo senso di caducità della vita”. Di qui la riflessione sulla morte, che come diceva Sant’Agostino, “è la malattia mortale che si contrae nascendo”. “La morte è la fine di tutte le differenze e le ingiustizie che esistono tra gli uomini”, ha proseguito il cardinale: “La morte, diceva il nostro attore comico Totò, è una livella, azzera tutti i privilegi. Quante guerre, quante crudeltà in meno si commetterebbero sulla terra se i violenti e gli oppressori dei popoli pensassero che anche loro presto dovranno morire! Guardare la vita, dal punto di osservazione della morte, dà un aiuto straordinario a vivere bene”. C’è una sola morte, per il porporato, che l’uomo deve temere: “La morte eterna! ‘Morte seconda’, la chiama l’Apocalisse. Essa è l’unica che merita davvero il nome di morte, perché non è un passaggio, una Pasqua, ma un terribile capolinea”. “Partecipare all’Eucaristia è il modo più vero, più giusto e più efficace di ‘apparecchiarci’ alla morte”, ha concluso Cantalamessa: “In essa celebriamo anche la nostra morte e la offriamo, giorno per giorno, al Padre. Nell’Eucaristia noi possiamo far salire al Padre il nostro ‘amen, sì’, a ciò che ci aspetta, al genere di morte che egli vorrà permettere per noi. In essa noi ‘facciamo testamento’: decidiamo a chi lasciare la vita, per chi morire”.

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