Oggi, alle ore 15, mons. Marco Tasca, arcivescovo di Genova, e le autorità cittadine faranno visita all’esposizione “Il card. Pietro Boetto, arcivescovo di una città ferita”, a cura di Paola Martini e don Francesco Mortola, allestita nel Museo diocesano di Genova fino al 30 giugno.
In occasione della ricorrenza degli ottant’anni dalla Liberazione dell’Italia dai nazifascisti, il Museo diocesano e la Fondazione San Lorenzo impresa sociale hanno voluto ricordare uno dei protagonisti di quei terribili anni organizzando questa esposizione realizzata in collaborazione con l’Archivio capitolare e diocesano e il Museo del Risorgimento – Casa Mazzini.
Genova, unica tra le città ad essersi liberata da sola grazie all’insurrezione dei partigiani, città medaglia d’oro al Valor Militare, deve questo suo primato anche all’azione prudente, lungimirante e diplomatica del suo arcivescovo Pietro Boetto (dal 1938 al 1946) che riuscì a evitare la distruzione del porto.
Infine, sempre il “Padre buono” di Genova – come veniva chiamato il cardinale – fu colui che, dopo ore di estenuante trattativa a Villa Migone, convinse il generale tedesco Günter Meinhold a firmare la resa, abbandonando la città.
Pietro Boetto fu però anche altro: uno strenuo difensore dei più poveri e dei più deboli – tra cui le molte famiglie ebree in pericolo di vita – una persona mite e vicina al suo popolo in un’opera di supporto continuo in quei terribili anni di distruzione e uccisioni di vittime civili innocenti. Un comportamento esemplare e profondamente umano che gli venne riconosciuto da tutti, fino ad essere nominato nel 2017 “Giusto tra le nazioni” dallo Yad Vashem, l’Ente Nazionale per la memoria della Shoah.
Grazie agli studi e alle ricerche del sacerdote genovese don Francesco Mortola saranno presentate le minute di alcune lettere tratte dalla corrispondenza dell’arcivescovo tra il 1938 e il 1945, molte delle quali autografe, redatte su fogli di fortuna, altre dattiloscritte e corrette a mano. Queste minute rappresentano solo una parte dei costanti ragguagli sulla situazione genovese che il Cardinale Boetto indirizzava sia alla Santa Sede che ai suoi collaboratori, ad altri sacerdoti, a singoli cittadini.
Dalla lettura di questi documenti e dalle immagini impressionanti di una città distrutta dai bombardamenti emerge con grande forza la capacità dell’arcivescovo di ascoltare, mediare, aiutare in modo concreto senza mai perdere la speranza nella pace. La firma della resa a Villa Migone – in mostra sarà esposta la macchina da scrivere utilizzata per l’occasione – sarà l’atto definitivo di una resistenza continua e coraggiosa per restituire alla città la dignità di luogo libero.