Natalità: De Palo (Fondazione), “sconfiggere l’inverno demografico con politiche familiari impattanti”

La denatalità è “una questione culturale” e “non di aiuti concreti”. È il secondo mito da sfatare, ad avviso di Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la natalità, nel suo intervento di apertura della terza edizione degli Stati generali della natalità, in corso oggi all’Auditorium della Conciliazione, a Roma. “Nel dopoguerra, si dice, nascevano molti più bambini, ma il clima era diverso, era una società completamente diversa rispetto a quella di oggi, c’erano piazze, spazi comuni, le famiglie erano in rete molto più di come lo sono oggi, c’erano condizioni economiche, sociali e lavorative molto differenti rispetto alla società digitalizzata di oggi: i miei genitori avevano un lavoro a tempo indeterminato, lavoravano dalle 8 alle 14, avevano una casa di proprietà e il sabato e la domenica andavamo a vedere se potevamo comprare una casetta al mare o in campagna. Oggi da padre spero che i miei genitori prima di morire vendano quella casa, perché per me e mia sorella è un peso quella casa. Oggi abbiamo nuclei familiari più piccoli e isolati”. Che non ci sia “una mancanza di volontà da parte degli italiani”, ha rimarcato De Palo, “è dimostrato dal fatto che il tasso di natalità è 1,24, ma il desiderio di maternità è di gran lunga maggiore. Quindi, cambiano i governi, ma resta uguale il desiderio che non si riesce a realizzare”.
Il terzo mito da sfatare è che la questione natalità “riguardi solo i giovani e chi i figli li fa”. “Non è vero, è una prospettiva ingannevole. La libertà e l’autonomia di scelta di ognuno sono subordinate alle condizioni della società in cui si esercitano. Per creare condizioni di libertà individuale c’è bisogno di benessere e di un rapporto equilibrato tra giovani e anziani. I figli messi al mondo oggi contribuiranno anche alla pensione, al welfare, alla sanità di chi oggi ha scelto di non fare figli. E ognuno è liberissimo di non farli. Ma oggi è una scelta libera quella di non fare figli? Credo di no, perché il fare figli è la seconda causa di povertà., dopo la perdita del lavoro di un componente della famiglia”.
Il quarto mito da sfatare è “meno siamo meglio stiamo”, come se “i bambini inquinassero”: “Ma a inquinare è il consumismo, inquina l’individualismo, inquina l’utilizzo sbagliato delle risorse e dell’ambiente”. “Da noi – ha continuato – meno nascite significa invecchiamento della popolazione, non riduzione del sovrappopolamento. Meno siamo, più invecchiamo, più impoveriamo”. Per De Palo “superare queste quattro visioni distorte ci aiuta a pensare concretamente cosa si può fare, ci aiuta a incoraggiare il desiderio dei giovani che vorrebbero realizzare la loro vita anche a livello familiare e a rimuovere gli ostacoli che ci sono. Dobbiamo ormai accettare che l’inverno demografico si deve sconfiggere attraverso politiche familiari importanti e impattanti che permettano ai giovani italiani di restare in Italia e realizzare i propri sogni. È determinante trovare una via italiana alle politiche familiari che riconoscano la fiscalità dei figli e trovare una via italiana per uscire dalle dinamiche ideologiche sulle politiche dell’immigrazioni in modo da orientarle verso una progettualità. Oggi siamo qui per provare a costruire, come padri e madri, un pezzetto di futuro”.

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