Intelligenza artificiale: Pessina (Univ. Cattolica Milano), “utile ma occorre ridimensionarne funzioni. Non c’è esperienza umana senza carne”

“Cercare nella rete ciò che non possiamo trovare nella realtà e viceversa, modulare la realtà in funzione della rete e delle nuove tecnologie, comporta decisamente una perdita di realismo. Ma anche una perdita di carne e di incanto, e forse, di umanità”. Lo ha detto Adriano Pessina, ordinario di Filosofia morale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nella sua densa prolusione al Dies Academicus che ieri ha inaugurato a Padova il diciottesimo anno di attività della Facoltà teologica del Triveneto. Nella sua riflessione intitolata “Intelligenza artificiale e condizione umana. Questioni aperte”, il relatore ha analizzato il modo con il quale le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Itc) hanno cambiato i nostri stili di vita. Una rivoluzione digitale, tra algoritmi, intelligenza artificiale e metaverso, che “ha creato un nuovo ambiente culturale, forse dovremmo dire, mentale” di cui ha evidenziato potenzialità e rischi. Di qui un monito: “Ogni delega tecnologica” è anche “una delega a qualcuno che si trova altrove, è una rinuncia all’autonomia della ricerca, della riflessione e dell’esercizio della libertà e segna una nuova forma di sottile e pervasiva eteronomia”. Dopo aver richiamato il mito della Caverna, introdotto da Platone nel Libro Settimo di Repubblica, Pessina ha osservato che “oggi, essere cultori della differenza ontologica dell’uomo, della sua eccedenza spirituale, della sua differenza con ogni macchina, richiede di rivendicare il valore della corporeità, perché l’unicum dell’individuo non sussiste senza carne. Ed è dentro la carne, infatti, che generiamo ed è dentro un grembo carnale che prendiamo forma. Come non rileggere allora quanto scriveva Tommaso D’Aquino quando definiva la persona umana ‘questa carne, queste ossa, quest’anima”’ che sono ciò che costituiscono l’io, ognuno di noi?”. “Non c’è esperienza umana senza carne: nessun vivente può abitare uno spazio digitale – ha concluso il filosofo precisando: questa digressione, ovviamente, non legittima alcuna condanna teologica o filosofica della tecnologia, ma impone un ridimensionamento delle sue promesse e delle sue funzioni”.

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