Festival Comunicazione: Ruffini (Santa Sede), “chi ha una verità vera la comunica. Comunicazione Santa Sede è testimoniare non marketing”

“L’errore degli uomini di comunicazione è pensare che il mezzo sia il tutto. Abbiamo il dovere di usare gli strumenti ma sappiamo che il Cristianesimo si è diffuso senza questi mezzi. Si è diffuso perché gli apostoli hanno preso sul serio il vero messaggio sulla comunicazione di Gesù che è ‘vi riconosceranno perché vi amate’: chi ha una verità vera poi la comunica”. Lo ha detto Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, intervenendo ieri sera al Festival della Comunicazione in corso a Rieti, promosso dalla diocesi locale con i Paolini e le Paoline. La comunicazione Santa Sede, ha affermato Ruffini, citando Papa Francesco, “non è marketing, è testimoniare. Ciò che conta è crederci, costruire una comunità, il resto viene dopo”. L’impegno del dicastero della Comunicazione va in questa direzione: “Costruire una rete di relazione tra le Chiese del mondo, consapevoli che questo è il tentativo di servizio alla Chiesa universale, fondandoci più sulla relazione che sull’informazione. Oggi quel che manca di meno sono le informazioni, ciò che manca è l’interpretazione dell’informazione, cioè il collegare le cose; la relazione, saper costruire un ambiente di fiducia, e la testimonianza diretta”. Diretto come lo ‘stile’ comunicativo di Papa Francesco: “diretto: questo suo essere orientato a guardare le persone negli occhi, ad ascoltarle, a instaurare una relazione fa sì che lui comunichi tanto”. Purtroppo, ha aggiunto Ruffini, i giornalisti non colgono questo aspetto quando “vanno sul ‘vaticanismo’, sul gossip ecclesiale. Crea molto ascolto, invece, l’altro tipo di comunicazione, quella spontanea come l’intervista a Fazio o quella al Corriere della sera, apparsa così fluida perché nata come una chiacchierata, non come un’intervista intenzionale”. In chiusura di intervento Ruffini ha voluto ricordare che “la comunicazione non è più un’esclusiva dei giornalisti. E se mai lo è stata, ora non lo è più. I giornalisti non si difenderanno con l’Ordine, ma offrendo una piattaforma alla comunità tutta che già comunica e vuole comunicare”.

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