Aghanistan: p. Spadaro a Toscana oggi, “imporre la pace con la guerra non funziona”

“Gli attentati dell’11 settembre, oltre agli effetti tragici sul piano delle vite umane, hanno avuto un impatto simbolico molto forte, hanno segnato l’immaginario dei Paesi occidentali”. Nonostante questo, “quello di cui c’è bisogno non è la paura dell’altro ma l’incontro e il dialogo. Quando si vuole imporre la pace con la guerra, questo non funziona. È quello che è accaduto in Afghanistan”. Padre Antonio Spadaro, gesuita, direttore de “La Civiltà cattolica”, affida la sua lettura dell’anniversario dell’11 settembre a un’ampia intervista sul numero di Toscana Oggi in uscita questa settimana. L’11 settembre, afferma, “ha condotto gli Stati, e le singole persone, in una dinamica di tensione, di angoscia, di sospetto. Ci ha lasciato un senso di insicurezza che, al di là dei pericoli reali, va compreso e gestito. C’è il bisogno di difendersi, ma dovremmo anche cercare di capire e di muovere le cause dell’odio e della violenza. Il rischio, dopo l’11 settembre, è di dividere il mondo in buoni e cattivi. L’islamofobia e l’equiparazione tra musulmani e terroristi sono tentazioni da cui dobbiamo guardarci”. Un ventennio aperto dal crollo delle Torri gemelle, che si chiude con la presa del potere dei Talebani in Afghanistan. Un tempo di scontri, ma anche di gesti importanti come quelli compiuti da Papa Francesco nei suoi viaggi internazionali.  Allora si parlò di “scontro di civiltà”: secondo padre Spadaro, “una formula infelice. La democrazia è un grande valore ma non si esporta, deve essere il frutto di un processo. Bisogna essere lungimiranti, avviare processi che guardino al futuro. L’Afghanistan ci ha mostrato come il lavoro di vent’anni, se è nato male, può crollare in venti giorni”.

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