Affido: Riccardi (Aibi), in riforma “necessari rimodulazione dei rapporti tra enti pubblici e privati, avvocato del minore, riconoscimento giuridico delle case-famiglia”

Risorse per il settore e rimodulazione dei rapporti tra enti pubblici e privati, garanzia della tutela legale del minore, riconoscimento giuridico delle case-famiglia. Sono le tre richieste che avanza l’Associazione Amici dei bambini (Aibi) alla Commissione Giustizia della Camera, che, in questi giorni, sta esaminando la proposta di legge delega per la “Riforma dei procedimenti per la tutela e l’affidamento dei minori”.
Ricordando che spesso mancano risorse nel “sistema affido”, che i servizi tutela minori e i servizi affido “sono presenti sul territorio nazionale a macchia di leopardo” e che ci sono associazioni, cooperative, fondazioni che “si occupano di accoglienza”, Cristina Riccardi, vicepresidente e delegata alle politiche familiari di Aibi, oltre che vicepresidente del Forum nazionale delle associazioni familiari, evidenzia: “Aibi, ispirandosi al sistema sanitario e scolastico, propone canali paralleli ma dialoganti tra pubblico e privato: un privato qualificato con standard essenziali di servizio pari al pubblico che, a sua volta alleggerito, potrebbe alzare anche il proprio livello di prestazione. Un sistema certo da progettare con cura, per non rischiare il venir meno di responsabili ultimi. In sostanza un sistema di accreditamento”.
Per quanto riguarda la tutela legale del minore, prosegue Riccardi, “noi proponiamo la nomina di un avvocato che sia in grado di assistere e difendere il minore fin dal momento in cui questi si trova ‘fuori famiglia’, a garanzia del fatto che vengano rispettati i diritti dei bambini come avviene per le parti adulte coinvolte. L’avvocato dovrebbe monitorare l’andamento del progetto di affido familiare o in comunità familiari e promuovere ogni azione a protezione dei suoi interessi e diritti”.
Infine, “è fondamentale distinguere i diversi tipi di accoglienza che devono rispondere ai diversi bisogni dei bambini e dei ragazzi”. “Da anni Aibi, con il Forum delle associazioni familiari, propone il riconoscimento giuridico delle case-famiglia intesa come presidio di solidarietà sociale in cui una famiglia costituita da due persone adulte, uomo e donna coniugati o meno, con o senza figli, vivano in modo stabile – conclude Riccardi -. In simile contesto la funzione genitoriale è a carico della coppia, benché possano essere previsti supporti di tipo educativo. La proposta del Forum prevede poi la definizione della comunità di tipo familiare (con almeno un adulto residente) e le comunità educative (con educatori professionali, presenti con modalità ‘a rotazione’). Il ‘grado di familiarità’ è ciò che dovrebbe definire le diverse strutture di accoglienza. Fermo restando che ciò che serve ad un bambino per una crescita il più possibile serena è una famiglia”.

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