Perù: vescovi dell’Amazzonia, “in un anno uccisi 7 difensori dei diritti umani e dell’ambiente. Chiediamo giustizia e protezione”

Solo nell’ultimo anno sono stati assassinati in Perù “sette persone impegnate nella difesa dei loro popoli, dei loro territori e delle loro foreste, la maggioranza indigeni”. E due solo nelle ultime settimane. Lo denunciano i vescovi delle otto diocesi o vicariati apostolici dell’Amazzonia peruviana, in una nota diffusa ieri e pervenuta al Sir. I vescovi fanno i nomi di queste persone: Estela Casanto, Herasmo García, Yenes Ríos, Arbildo Meléndez, Gonzalo Pio, Lorenzo Wampa, Roberto Pacheco. E segnalano che altre persone “stanno soffrendo minacce, attacchi e aggressioni, a conseguenza della loro attività di difesa dei territori e della protezione dell’ecosistema nelle comunità native di tutta l’Amazzonia. In particolare, “il recente assassinio di Estela Casanto, leader e fondatrice della comunità indigena di Shankivironi, nella regione di Junín, è la dimostrazione della mancanza di protezione nella quale si trovano queste persone”.
Infatti, si denuncia nella nota, “gli sforzi compiuti dallo Stato sono stati del tutto insufficienti per dare loro protezione e garantire la sicurezza giuridica dei loro territori, in conformità con le disposizioni di legge e con gli accordi internazionali ratificati dallo Stato peruviano”. Nel frattempo, “vediamo che l’accaparramento di terre, l’invasione dei territori comunali, l’espansione del traffico di droga, le monocolture, in particolare la palma da olio, stanno avanzando”. Un solo esempio: ieri il quotidiano peruviano “La República” ha denunciato che nella sola regione dell’Ucayali, in piena foresta amazzonica, i gruppi del narcotraffico hanno creato ben 46 piste clandestine per piccoli aerei che trasportano coca.
I vescovi rivolgono alle autorità alcune precise richieste. Tra queste: riprendere, rafforzare e terminare in modo efficace il processo di titolazione, georeferenziazione aggiornamento e riconoscimento delle proprietà delle comunità; porre fine all’eccessiva burocrazia e alla corruzione di funzionari che favoriscono l’espropriazione territoriale e indeboliscono il lavoro dei difensori civici contro mafie, trafficanti e invasori di terre; l’elaborazione di un piano di sorveglianza sociale e territoriale contro le reti del narcotraffico; un approccio interculturale e il riconoscimento delle culture indigene nell’azione politica; stabilire una politica, anche attraverso la formazione dei funzionari, per proteggere i difensori dei diritti umani e soprattutto le donne indigene.

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