’ndrangheta: don Ciotti (LIbera), “smascherare quelle realtà permeate dal ‘peccato strutturale’, coniugare l’annuncio del Vangelo con l’impegno per la giustizia sociale”

“Nella consapevolezza che ognuno debba fare la propria parte, i pastori delle Chiese calabresi si pongono in un dialogo costruttivo con le altre fedi religiose, con le istituzioni e con tutte le agenzie educative. Nel segno di una sinergia finalizzata a contrastare quel ‘cancro esiziale’ che è la ’ndrangheta, come la definiva don Italo Calabrò”. Lo scrive il fondatore di Libera e del Gruppo Abele, don Luigi Ciotti, nel numero di dicembre di Vita pastorale.
Il sacerdote ricorda la nota pastorale della Conferenza episcopale calabra “No ad ogni forma di mafie!”, che “ha inteso individuare le linee guida per un ‘sentire e agire comuni del clero, dei consacrati e dei fedeli laici delle diocesi di Calabria’”. E poi la denuncia di Papa Francesco, il 21 giugno 2014, nella sua visita a Cassano all’Jonio. Occorre, secondo don Ciotti, “un’evangelizzazione capace di coniugare l’annuncio del Vangelo con la testimonianza della carità”. E, in tal senso, si richiede che “nella predicazione e nelle varie forme e gradi del ministero della Parola, sia chiaramente annunciato che ogni organizzazione mafiosa è il rovescio di un’autentica esistenza credente e l’antitesi a una comunità cristiana ed ecclesiale”. “Basta – scrive il sacerdote – a omelie incapaci di smascherare quelle realtà permeate dal ‘peccato strutturale’ della mafia e della corruzione, che ne è sempre più complice e apripista”. Secondo il fondatore di Libera, sono anche necessari catechisti capaci di “parlare a bambini, giovani e adulti”. “E di coniugare l’annuncio del Vangelo con l’impegno per la giustizia sociale e la dignità della persona”.

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