Papa Francesco: “abbiamo bisogno non solo di nuove ricette contro il virus, ma di una nuova prospettiva umanistica”

“In questo frangente della storia, abbiamo bisogno non solo di nuovi programmi economici o di nuove ricette contro il virus, ma soprattutto di una nuova prospettiva umanistica, basata sulla Rivelazione biblica, arricchita dall’eredità della tradizione classica, come pure dalle riflessioni sulla persona umana presenti nelle diverse culture”. Lo dice il Papa, nel videomessaggio inviato ai partecipanti all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la cultura sul tema “Verso un umanesimo necessario”. “Il termine umanesimo mi ha fatto pensare al memorabile discorso pronunciato da San Paolo VI al termine del Concilio Vaticano II, il 7 dicembre del 1965”, prosegue Francesco a proposito del “modello del buon samaritano che aveva guidato i pensieri del Concilio, ossia quell’immensa simpatia nei confronti dell’essere umano e delle sue conquiste, delle sue gioie e speranze, dei suoi dubbi, delle sue tristezze e angosce”. “Quell’umanesimo laico profano – un’espressione che alludeva anche all’ideologia totalitaria allora imperante in molti regimi – è oggi un ricordo del passato”, la denuncia del Papa: “Nella nostra epoca segnata dalla fine delle ideologie, esso sembra ormai dimenticato, sembra sepolto davanti ai nuovi cambiamenti portati dalla rivoluzione informatica e dagli incredibili sviluppi nell’ambito delle scienze, che ci costringono a ripensare ancora che cosa sia l’essere umano”. “Ai tempi del Concilio si confrontavano un umanesimo secolare, immanentista, materialista, e quello cristiano, aperto alla trascendenza”, l’analisi di Francesco: “Entrambi, però, potevano condividere una base comune, una convergenza fondamentale su alcune questioni radicali legate alla natura umana. Ora questo è venuto meno a causa della fluidità della visione culturale contemporanea. È l’epoca della liquidità o del gassoso”. Tuttavia, la Costituzione conciliare Gaudium et spes rimane, per il Papa, “ancora attuale”: “Ci ricorda, infatti, che la Chiesa ha ancora molto da dare al mondo, e ci impone di riconoscere e valutare, con fiducia e coraggio, le conquiste intellettuali, spirituali e materiali emerse da allora in vari settori del conoscere umano”.

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