Rivoluzione digitale: Martinez (Univ. Pontificia Madrid), “criteri etici per rivisitare il bene comune alla luce delle nuove tecnologie”

All’interno della cambiamento epocale denominato “rivoluzione digitale” convergono non solo tecno­logie digitali, ma anche tecnologie fisiche e biologiche contribuendo ad “una trasformazione culturale di portata enorme”. Per questo, sostiene Julio L. Martínez, rettore dell’Università Pontificia Comillas di Madrid, nel numero de La Civiltà Cattolica in uscita sabato, “l’umanità ha urgentemente bisogno di criteri etici per orientare bene l’uso del potere tecnologico e le sue implicazioni”. Anche perché viviamo “un’acuta ambivalenza: raggiungiamo conquiste incredibili, ma non sappiamo, o non vogliamo sapere, come risolvere questioni fondamentali in cui è messa in gioco la dignità umana”. Tra le questioni analizzate dall’autore dell’articolo le implicazioni della “cultura della virtualità reale”, del digital divide, delle trasformazioni del lavoro e della tecnopolitica. La tesi di Martínez è che il bene comune, categoria fondamentale del pensiero sociale cristiano, si può trasformare in “criterio centrale per pensare e praticare la politica e per orientare l’e­conomia in questa era tecnologica tanto potente quanto ambigua”. “Possiamo ripensare – afferma -, nel contesto della dottrina sociale cattolica, al significato della tecnologia, del lavoro, della comunicazione, dell’economia e della politica secondo i nuovi parametri del mondo, entro cui devono farsi reali il rispetto e la promozione della dignità umana nel concreto e nella dinamicità dell’esistenza”. Infine, in questo quadro, è necessaria “un’adeguata antropologia che dia la base per comprendere oggi le relazioni tra gli esseri umani, e tra questi e la tecnologia, e tra questi e le altre creature. Può essere l’apporto essenzia­le della categoria dell’’ecologia integrale’ di Papa Francesco all’Agenda 2030”.

 

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