Coronavirus Covid-19: Squillaci (Fict), “nelle comunità terapeutiche viviamo storie di quotidiano eroismo”

“L’intero Paese sta vivendo un tempo di grande emergenza. All’improvviso abbiamo scoperto che il ‘sistema mondo’ così come lo conosciamo, non è immortale. Abbiamo infine drammaticamente compreso la nostra fragilità, quella di tutti, perché questo momento di crisi e di incertezza coinvolge davvero tutti. Ma proprio perché coinvolge tutti, nessuno può essere lasciato indietro!”. Lo afferma Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict), che aggiunge: “I servizi del pubblico e del privato sociale che si occupano di dipendenze patologiche, oggi rischiano l’implosione. In questa angoscia planetaria, si corre il pericolo di dimenticare queste realtà, già poco considerate in tempi di pace. In tutta Italia gli utenti e gli operatori di questi servizi sono sottoposti ad una durissima prova”. E ricorda: “Abbiamo dovuto sospendere già alcuni servizi diurni e già questo sta creando molti problemi, soprattutto ai ragazzi che avevano iniziato un percorso e che oggi rischiano di ritrovarsi per strada. Ma le difficoltà principali le abbiamo nei servizi residenziali, a ciclo continuativo, che non possono e non devono chiudere, all’interno dei quali ci sono persone con problematiche importanti. E tutto è lasciato al nostro arbitrio”.
“Viviamo nelle comunità terapeutiche storie di quotidiano eroismo: i nostri operatori, tutte le mattine, nonostante la paura e spesso sprovvisti di qualsiasi protezione, si armano di quello che hanno e, con professionalità e passione, vanno sul posto di lavoro, spesso facendo doppi turni per coprire gli altri colleghi ammalati”.
“In tantissime comunità ci si è dovuti arrangiare, costruendo le mascherine ‘fai da te’, perché siamo tagliati fuori da qualsiasi possibilità di distribuzione di dispositivi di protezione – denuncia Squillaci -. Abbiamo dovuto spiegare ai ragazzi perché non si può uscire, perché non possono vedere i familiari, rientrare a casa. E abbiamo dovuto reinventare il programma giornaliero e le attività terapeutiche. Tutto da soli, e spesso senza alcuna indicazione da parte delle istituzioni preposte”.
Poi un interrogativo: “Mi chiedo soprattutto cosa accadrà se si dovesse andare oltre la fatidica data del 3 aprile, cosa purtroppo alquanto probabile. La situazione già esplosiva potrebbe portare molti ragazzi, ancora in fase iniziale del percorso comunitario, ad abbandonare la comunità, creando una bomba sociale i cui costi saranno altissimi”.

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