Papa Francesco: Angelus, no ai cristiani che “hanno una faccia da veglia funebre”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Più il Signore è vicino a noi, più siamo nella gioia; più Lui è lontano, più siamo nella tristezza. Questa è una regola per i cristiani”. Lo ha detto il Papa, durante l’Angelus di ieri, in cui ha messo in guardia dai cristiani che “hanno una faccia da veglia funebre”, i quali “non danno testimonianza della gioia della risurrezione di Gesù Cristo”. “Sempre il Signore al centro”, perché “chi non segnala il Signore, non è santo!”, l’invito di Francesco, secondo il quale la prima condizione della gioia cristiana è “decentrarsi da sé e mettere al centro Gesù”. “Questa non è alienazione, perché Gesù è effettivamente il centro, è la luce che dà senso pieno alla vita di ogni uomo e donna che viene a questo mondo”, ha puntualizzato il Papa: “È lo stesso dinamismo dell’amore, che mi porta a uscire da me stesso non per perdermi, ma per ritrovarmi mentre mi dono, mentre cerco il bene dell’altro”. “Ci vuole lavoro per essere sempre nella gioia”, ha riconosciuto Francesco citando Giovanni il Battista, che “ha lasciato tutto, fin da giovane, per mettere al primo posto Dio, per ascoltare con tutto il cuore e tutte le forze la sua Parola. La sua testimonianza è paradigmatica per chiunque voglia cercare il senso della propria vita e trovare la vera gioia”. In particolare, per il Papa, il Battista “è modello per quanti nella Chiesa sono chiamati ad annunciare Cristo agli altri: possono farlo solo nel distacco da sé stessi e dalla mondanità, non attirando le persone a sé ma orientandole a Gesù. La gioia è questo: orientare a Gesù. E la gioia deve essere la caratteristica della nostra fede. Anche nei momenti bui, quella gioia interiore, di sapere che il Signore è con me, che il Signore è con noi, che il Signore è risorto. “Pensate bene oggi”, l’invito finale: “come mi comporto io? Sono una persona gioiosa che sa trasmettere la gioia di essere cristiano, o sono sempre come quelli tristi, che sembrano di essere a una veglia funebre?”.

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