Colombia: padre Franzoi (missionario della Consolata) “a 4 anni dall’accordo con le Farc, sforzi fatti sembrano scritti sulla sabbia”

Sono da poco trascorsi 4 anni da quel 24 novembre 2016, quando nel Teatro Colon di Bogotá furono firmati gli accordi di pace tra il Governo colombiano e le Farc. Il missionario della Consolata, padre Giacinto Franzoi, dopo 30 anni nella valle del fiume Caguán, nel Caquetá, immerso nella guerra della coca, ricorda dal Trentino: “Va sottolineato il ruolo di quanti hanno creduto in questa uscita dal problema e ai portatori della cultura della convivenza, attraverso il dialogo, il confronto e il riconoscimento reciproco. Complimenti anche a quei campesinos di Remolino (dove padre Giacinto ha prestato il suo servizio, ndr) che hanno seminato un albero diverso dalla ‘mala yerba’ (la coca). Un’impresa, Chocaguan, ideata dalla parrocchia e amministrata dal comitato dei coltivatori di cacao. Una piccola pietra nel difficile mosaico della pace”. Purtroppo, “gli sforzi fatti negli oltre quattro anni di dialoghi sembrano ora scritti sulla sabbia. Ha prevalso il vento della vendetta, l’azione di forze occulte (politiche ed economiche), l’incapacità di perdonare e riconciliarsi per un progetto comune”. Rimane, così, lo status quo e l’incertezza sul futuro: “Molte mamme dovranno attendere ancora per poter riconoscere e piangere i propri figli”, sostiene padre Giacinto.
Purtroppo tra quelle mamme che piangono c’è anche la mamma di Mario Paciolla, il cooperante delle Nazioni Unite ucciso nel luglio scorso proprio nel Caquetá: “Lo hanno ucciso per bloccare la pace. Anch’io l’ho vissuto sulla mia pelle, dopo una retata nell’aprile 2008, nella mia parrocchia di Remolino, quando aprirono un processo contro di me accusandomi di essere un collaboratore delle Farc”.
Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in America Latina, commenta al Sir: “Le parole di padre Giacinto Franzoi risuonano in un momento delicato, tra l’orrore di ben 70 massacri solo nell’arco del 2020, a 4 mesi dalla morte di Mario Paciolla. Il missionario è stato tra i promotori del progetto ‘No solo coca, sì al caffè’, per la produzione alternativa come via d’uscita dei campesinos colombiani al narcotraffico, lanciata a fine anni ‘90 dal vescovo Augusto Castro e dai missionari della Consolata”.

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