Siria: Oxfam, “12 milioni soffrono la fame, ma la comunità internazionale non fa abbastanza”

“Anche per il 2023 i Paesi donatori prendono impegni insufficienti a fronteggiare l’emergenza umanitaria in Siria, dove il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà dopo oltre 12 anni di guerra e un terremoto che 4 mesi fa ha devastato la vita di 9 milioni di siriani, causando decine di migliaia di vittime”. È l’allarme lanciato da Oxfam all’indomani della Conferenza sulla crisi in Siria che si è tenuta a Bruxelles.
“Il sisma dello scorso febbraio sta portando il Paese al collasso economico con un aumento esponenziale dei prezzi dei beni alimentari e un’inarrestabile svalutazione della moneta nazionale. 12 milioni di siriani soffrono la fame, uno dei dati più alti dall’inizio del conflitto, e 6,8 milioni sono gli sfollati interni – dice Francesco Petrelli, policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia -. Nonostante questo, gli aiuti necessari a fronteggiare l’emergenza anche quest’anno arriveranno solo in piccola parte. Al momento sono stati annunciati 5,6 miliardi di euro sotto forma di sovvenzioni e 4 miliardi come prestiti per i siriani all’interno del Paese e nei paesi vicini. Una goccia nel mare, di fronte ai reali bisogni di una popolazione costretta ogni giorno a scelte impossibili per poter sopravvivere: comprare cibo o medicine? Spingere le proprie figlie a sposarsi o non avere i soldi necessari per sfamarle? Mandare i bambini a scuola o avere un tetto sulla testa? Per questo lanciamo un appello urgente alla comunità internazionale perché vengano stanziati, il prima possibile, tutti gli aiuti necessari a rispondere all’emergenza”.
In questo momento ad Aleppo 3 sfollati su 4 riescono a malapena a mettere insieme un pasto al giorno. In intere aree del Paese la popolazione è costretta a fare i conti con la mancanza di elettricità o acqua corrente pulita. Basti pensare che non vi hanno accesso oltre 11 milioni di siriani.
“La nostra vita ogni giorno è una continua lotta per far fronte alle necessità più normali – racconta Fadia, 40 anni, madre di tre figli che vive nella zona rurale di Hama –. In mancanza di elettricità, il piccolo forno a legna che abbiamo in casa è l’unico modo per cucinare durante i continui black-out. La sera usiamo le candele o le lampade a led, ma la luce è talmente poca che i miei figli non riescono a studiare. Anche procurarsi l’acqua è un’impresa, visto che è disponibile solo per poche ore alla settimana, costringendoci a fare scorte che vanno poi razionate”.
“Chi in questo momento riesce a provvedere alla propria famiglia è davvero un eroe – aggiunge Mazen, 56 anni, piccolo produttore di scarpe di Aleppo –. Prima della guerra guadagnavo quello che mi serviva per vivere più che dignitosamente, oggi tutto è una sfida. A causa della mancanza di elettricità non posso più usare i macchinari e faccio tutto a mano, ma ci vuole il doppio del tempo per produrre la stessa quantità di calzature. Del resto il gasolio per far funzionare le macchine o non c’è o è fuori dalla mia portata”.

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