Processo in Vaticano: difesa di Becciu, “c’è stata la volontà di mostrificare il cardinale”, “teorema dell’accusa sconfessato”

“La nostra richiesta di una sentenza giusta non può che riflettere una sentenza assolutoria”. Lo ha detto uno degli avvocati del cardinale Angelo Becciu, Fabio Viglione, durante l’ottantesima udienza del processo in corso in Vaticano sugli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra, dedicata alla difesa del porporato. “Tutte le accuse, ancorché morfologicamente diverse, sono state sconfessate nel dibattimento”, ha detto Viglione: “C’è stata la volontà di ‘mostrificare’ il cardinale. L’ambiziosa struttura elaborata dall’accusa non ha trovato nessun riscontro: tutte le prove hanno smentito le tesi dell’accusa, grazie a forme stravaganti di ricostruzioni di fatti. Arriviamo qui sereni, con un bilancio attivo sull’innocenza del cardinale”. Sui capi di imputazione, per Viglione, c’è un dato inequivoco: “Neanche un centesimo sarebbe stato distratto per appropriazione personale del cardinale, lo dice la stessa accusa che non contesta nessuna imputazione di questo genere”. Per il legale, si sono registrate “anomalie, carenze e omissioni nel processo, specchio dell’infondatezza delle accuse: quello che si può definire un teorema è stato completamente sconfessato. Si è ricorso anche alle invettive, si è gridato ‘vile’, alla luce dell’assoluta carenza di prove. C’è stato da parte dell’accusa anche il tic metodologico della rimozione: tutto quello prodotto da noi come difesa veniva rimosso”. Viglione, tra l’altro, ha definito “assurda” l’affermazione per cui Becciu avrebbe organizzato “campagne stampa contro il processo per delegittimarlo”. “Il Promotore di giustizia è rimasto prigioniero di un teorema, ma grazie al dibattimento il teorema è stato sconfessato, rimanendo agganciati alle prove”, ha sintetizzato l’avvocato, secondo il quale “il dibattimento è stato un momento fondamentale di chiarificazione”, perché ha permesso di “ricostruire tutta la cronologia dei fatti” e di appurare che il cardinale “è stato vittima di una macchinazione”. A questo punto, il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, ha detto a Viglione: “Lei ha smentito tesi del suo collega professor Zanchetti, uno dei difensori di Torzi, che ha affermato: ‘Abbiamo sprecato un anno e mezzo perché i testimoni hanno mentito tutti’”. L’avvocato Maria Concetta Marzo, altro difensore di Becciu, ha passato in rassegna le singole imputazioni, precisando tra l’altro che il cardinale “non è stato il regista degli investimenti sul Palazzo di Londra, ha ratificato quanto mano a mano veniva indicato dall’Ufficio”. Marzo ha fatto anche notare che il Promotore di giustizia ha utilizzato “una definizione volgare” per Cecilia Marogna, definita da Alessandro Diddi “la mantenuta del cardinale”, e ha affermato che “quello che resta dell’accusa è solo l’uso di epiteti volgari: l’Ufficio del Promotore è rimasto prigioniero di un pregiudizio”. Anche la vicenda relativa alla diocesi di Ozieri e alla Spes, braccio operativo della Caritas gestito dal fratello di Angelo Becciu, Antonino – ha osservato Viglione – dimostra la falsità delle accuse, in quanto Antonino Becciu “non ha usato neanche un centesimo per fini personale”. Gli avvocati di Becciu non hanno formalmente chiesto durante l’udienza di oggi l’assoluzione del loro assistito perché avranno un’altra parte di intervento nell’udienza del 6 dicembre. In tutto, mancano 6 udienze alla fine del processo, che dovrebbe arrivare a sentenza intorno alla metà di dicembre.

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