John F. Kennedy: Casula (storico), “figura di novità e speranza”

“Kennedy appariva alla pubblica opinione come un fatto nuovo, un elemento di speranza, anche se più sul piano internazionale che ‘domestico’ – lo scarto con il concorrente repubblicano alla Casa bianca Richard Nixon è stato molto stretto -. Oltretutto è sempre stato in grado di non apparire come un ‘uomo di palazzo’, anche in virtù del fatto che la sua elezione infranse un tabù: ruppe la lunga tradizione di presidenti Usa bianchi, anglosassoni e protestanti, poiché era irlandese e cattolico. La sua è stata una personalità emblematica e rappresentativa del secondo dopoguerra in cui comparivano categorie come l’ottimismo e il progresso”. Lo dice lo storico Carlo Felice Casula in un’intervista a Interris.it, nel sessantesimo anniversario della morte del 35° presidente degli Stati Uniti. “A livello interno puntò sul sostegno alle fasce più povere sia agendo sul welfare che sulla retribuzione, per ampliare i diritti sociali e ridurre la disoccupazione. Propose l’aumento dei sussidi ai pensionati e introdusse il salario minimo – aggiunge lo storico -. Si dimostrò meno coraggioso sui diritti civili e l’emancipazione della popolazione afroamericana, che lo appoggiava, timoroso delle dinamiche interne al suo partito dove le componenti democratiche negli Stati del Sud erano ancora connotate da forme di discriminazione e da una scarsa disponibilità al concedere il pieno ottenimento dei diritti agli afroamericani”. “Ottenne risultati positivi per la ripresa economica statunitense – un settore trainante fu l’industria bellica -, che comportava e implicava un aumento dei consumi interni a cui affiancò la riduzione dei dazi doganali per l’importazione di prodotti dall’estero, convinto che crescita e sviluppo fossero fattori di stabilità globale. A livello internazionale scelse la strada del confronto e del disgelo con l’Urss, basti pensare all’importante incontro con il leader sovietico Nikita Krusciov al summit di Vienna nel 1961, e investì 20 miliardi di dollari nelle relazioni con i Paesi sudamericani. Sulla guerra in Vietnam, inviò uomini per addestrare l’esercito del Sud ma secondo diverse fonti cominciò a provare forti dubbi in merito a quel conflitto”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Europa