Psichiatria: Sip, metà degli operatori del Ssn subisce violenza in reparto. Bondi, “il 30% dei posti è occupato da autori di reato”

Spinte, aggressioni fisiche e minacce verbali sono diventate ordinaria amministrazione per oltre metà del personale che lavora nel campo della salute mentale. La percezione del rischio è profondamente peggiorata nel corso degli ultimi anni e rappresenta uno degli elementi di fuga degli operatori dal servizio sanitario nazionale. Sono numeri “pesanti” quelli che emergono da un’indagine preliminare condotta dal Coordinamento nazionale dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc), presentata oggi in apertura del XII congresso nazionale, su 2600 professionisti della salute mentale, di cui 1400 psichiatri. Il 49% ha subito violenza (dalla semplice spinta all’aggressione vera e propria) durante il lavoro nel corso degli ultimi due anni (il 27% più di una volta), il 74% ha subito minacce verbali da parte di pazienti durante il lavoro nel corso degli ultimi tre mesi (il 52% più di una volta), il 57% degli psichiatri sente a rischio la propria incolumità sul lavoro. Solo il 7% degli psichiatri rileva un’adeguata tutela per la propria sicurezza (protocolli di sicurezza e collaborazione con le forze dell’ordine). In sintesi, un quadro di grandissima criticità in cui l’evento drammatico della morte della psichiatra Barbara Capovani questa primavera sembra rappresentare solo la punta dell’iceberg e che vede al centro il problema, sempre più difficile da gestire, la presenza di pazienti autori di reato nei dipartimenti di salute mentale inviati dall’autorità giudiziaria.
Di “situazione di costante pericolo per chi lavora. Non solo dentro l’ospedale”, parla Emi Bondi, presidente Coordinamento Spdc della Società italiana di psichiatria (Sip) e direttore Dipartimento Salute mentale dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, sottolineando che “circa il 30% dei posti nei dipartimenti è occupato da pazienti autori di reato che possono mettere a rischio la sicurezza anche degli altri pazienti”.
Da Giancarlo Cerveri, direttore Dipartimento Salute mentale e dipendenze Asst Lodi e coordinatore dell’indagine, tre richieste: “adeguare il numero di posti letto per acuti che attualmente risultano insufficienti ai bisogni della popolazione e sono in continuo calo per la chiusura di molte strutture a causa della carenza di operatori; trovare una soluzione legislativa per coniugare il diritto alle cure adeguate per i soggetti autori di reato con patologia psichiatrica e la sicurezza degli operatori, e – infine – creare spazi di ricovero adeguati per rispondere ai bisogni di cura emergenti di pazienti sempre più giovani con problematiche nuove spesso connesse all’uso di sostanze stupefacenti”.

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