Israele e Hamas: p. Sale, “pur avendo il diritto di difendersi, gli israeliani dovrebbero rispettare le leggi internazionali umanitarie”

La cosiddetta “operazione di terra”, “tanto attesa quanto temuta, anche dai sostenitori di Israele, è iniziata con la penetrazione di uomini e carri armati israeliani nel territorio della Striscia di Gaza il 20 ottobre, 13 giorni dopo il terribile attacco dei miliziani di Hamas, che ha causato la morte di 1.200 civili. L’attacco, che ha lo scopo di colpire il cuore stesso di Gaza City, dove è ubicato il quartiere generale di Hamas, ha finora prodotto la morte di circa 10mila civili palestinesi, molti dei quali bambini”. Questo il tema affrontato da p. Giovanni Sale, scrittore de La Civiltà Cattolica, nel quaderno n. 4.162 della rivista dei gesuiti in uscita sabato 18 novembre, come di consueto anticipato al Sir.
Dopo essersi soffermato sulla complessità dell’operazione – “a differenza dell’Isis, questo non è un gruppo ben definito di terroristi, ma un partito politico islamista” che “ha governato Gaza dal 2007 ed è andato man mano radicalizzandosi” – p. Sale osserva: “La grande preoccupazione degli occidentali è che un eventuale rapido aumento delle vittime civili di Gaza potrebbe innescare una risposta da parte di Hezbollah e dell’Iran, e quindi l’apertura di un secondo fronte di guerra, che provocherebbe inevitabilmente una guerra regionale che infiammerebbe il Medio Oriente, costringendo alcuni Paesi arabi a intervenire, e gli Stati uniti a posizionarsi a fianco di Israele”. “Per gli israeliani – l’analisi del gesuita – l’attacco a Gaza è parte di una guerra ‘esistenziale’, nella quale non è possibile scendere a patti”. Tuttavia, “pur avendo il diritto di difendersi, gli israeliani dovrebbero impegnarsi a rispettare le leggi internazionali umanitarie; il che significa ridurre al minimo le vittime civili”. “Il modo con cui Israele condurrà la guerra a Gaza determinerà anche il tenore delle sue future relazioni con la comunità palestinese”, conclude Sale, sostenendo inoltre che “i suoi policymaker dovrebbero iniziare a pianificare l’amministrazione della Striscia post-Hamas. Infatti, si può anche vincere la guerra, ma perdere la pace”.

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