Parlamento Ue: al voto risoluzione di condanna alla Bielorussia e al regime di Lukaschenko

(Bruxelles) Il Parlamento europeo “riafferma la sua solidarietà al popolo bielorusso che continua a difendere una Bielorussia sovrana, libera e democratica” e chiede “il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri politici e di tutte le persone arbitrariamente detenute, arrestate o condannate per motivi politici, e per la revoca di tutte le accuse a loro carico”. Così si legge in una lunga proposta di risoluzione (firmata da Popolari, Socialdemocratici, Renew-Liberali, Verdi, Conservatori), che sarà votata nella sessione del Parlamento che si apre oggi a Bruxelles e che “condanna la sistematica repressione del regime di Lukashenko nei confronti dei civili, che dalle elezioni irregolari del 9 agosto 2020, ha costretto migliaia di bielorussi a fuggire dal Paese”. Il documento ricorda che il risultato di quelle elezioni non è mai stato riconosciuto e richiama il sedicente presidente al rispetto delle norme internazionali in materia di diritti umani e di “garanzia delle libertà fondamentali, dello Stato di diritto e di un sistema giudiziario indipendente funzionante in Bielorussia”. Il testo passa in rassegna e denuncia nei 37 punti le infrazioni commesse da Lukaschenko, e in particolare le “condanne severe e ingiustificate ai leader dell’opposizione”, il clima di “dura repressione” nei confronti dei difensori dei diritti umani e della società civile e gli arresti di “tutti i dirigenti e i rappresentanti dei sindacati indipendenti. Di queste persone non si conoscono informazioni chiare sull’ubicazione e sulla situazione sanitaria.
Nel testo si parla anche di “profonda preoccupazione” per i rischi legati al coinvolgimento della Bielorussia nella “guerra di aggressione illegale, ingiustificata e non provocata della Russia contro l’Ucraina”: accoglienza delle forze armate russe, svolgimento di esercitazioni militari congiunte, utilizzo dello spazio aereo del Paese, rifornimento e deposito di munizioni militari, fino al referendum che ha ripristinato lo status nucleare del Paese.

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