Strage di Samarate: Andreoli, “distruttività innescata da forte senso di impotenza”

Non è odio verso la famiglia o desiderio di vendetta, ma senso di impotenza e paura di non farcela quello che ha mosso la mano di  Alessandro Maya, l’architetto arrestato per aver ucciso a martellate, mercoledì scorso a Samarate (Varese), la moglie Stefania e la figlia Giulia e ferito gravemente il figlio maggiore Nicolò. Ne è convinto lo psichiatra Vittorino Andreoli che dice in un’intervista al Sir: “Qui non si tratta di violenza ma di distruttività innescata da un forte senso di inadeguatezza e impotenza”. L’uomo, piantonato in ospedale perché dopo la strage ha tentato di uccidersi, non è ancora stato interrogato. “Mancano ancora molti elementi – spiega Andreoli -, ma sono convinto che qui non si tratti di violenza ma di distruttività. La distruttività è anche violenza, ma la violenza ha uno scopo raggiunto il quale la sua carica si esaurisce, la distruttività invece non ha quale obiettivo il raggiungimento di una vendetta, né è un modo per farsi giustizia da sé. E’ semplicemente distruzione dell’altro e di se stessi. Una sorta di ‘muoia Sansone con tutti i filistei’. Il progetto di questo architetto, riuscitogli solo in parte, era uccidere i propri familiari e se stesso. Sono convinto, purtroppo, che se verrà lasciato solo finirà per suicidarsi”. “Si può, paradossalmente, arrivare a distruggere l’altro per amore e poi autodistruggersi”, prosegue lo psichiatra. “Quando uno si rende conto di non essere più capace di garantire la vita di prima alla moglie o ai figli, quando si sente impotente, incapace di modificare le situazioni, per non farli soffrire li uccide e si uccide. Subentra una sorta di visione della vita totalmente negativa secondo la quale è meglio distruggere tutto, anche la vita stessa”.

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